
Friuli, 1954. “Nasco a metà tra il mondo comunista e la base d’aviazione militare americana di Aviano: dal mio paese al confine jugoslavo la distanza reale è di cinquanta chilometri, ma contano come migliaia di anni luce”. Rosi nasce a Latisana quando il capoluogo della sua regione, Trieste, è ancora diviso in due zone: quella restituita all’Italia e l’altra all’Est, al nemico della Guerra Fredda. Identità complesse, luoghi che potrebbero appartenere alle città invisibili di Calvino: multiculturali, plurilingue, in transizione. Bella Ciao si confonde con le note di Sanremo (Grazie dei fiori); la tragedia del non lontano Vajont riempie le cronache assieme ai primi segnali della contestazione sessantottina e allo sbarco sulla Luna. In quella zona, la Bassa friulana, intanto, Rosi e le sue compagne di scuola si aggregano e solidarizzano: il Club è un’alternativa all’oratorio e sarà l’inizio di amicizie inossidabili, tutte al femminile. L’affettività (e la sessualità) sono state “le grandi forze motrici” della vita di Rosi Braidotti. Certo, la consapevolezza non è semplice da raggiungere, soprattutto dopo un’adolescenza segnata dalla frattura territoriale e affettiva. Una “nave blu”, la “Achille Lauro”, la porta - con la famiglia - lontanissima da casa, in Australia. Agli antipodi. La vita di emigranti è sopravvivenza, e il mezzo per sopravvivere è studiare con “disciplina austroungarica”: la lingua, prima di tutto, e poi la filosofia. Sarà questa disciplina a portarla poi in Francia. Qui, scoprirà la psicoanalisi, una risposta allo spaesamento, a quel sentirsi sempre “fuori sede”, in amore come nelle geografie esistenziali. Turbolenta ma analitica, sensibile ma combattiva, la ragazzina friulana diventa una donna consapevole, una femminista, rivendica la sua identità lesbica e non nasconde nessuno dei dolori vissuti…
Nelle biografie accademiche dei convegni e sul sito della sua università (a Utrecht, Olanda, dove è docente emerito) e sui risvolti di copertina dei numerosi saggi di cui è autrice, si legge che la professoressa Braidotti è una filosofa, dottorata alla Sorbona (dove ha conosciuto Foucault, Barthes, Simone de Beauvoir, Deleuze, Habermas) insignita di numerosi riconoscimenti internazionali, teorica del pensiero femminista e del post-umano. Leggere una autobiografia schietta e coraggiosa, ma allegra - secondo il sottotitolo - non è un semplice arricchimento di quelle note ufficiali. Raccontarsi e ripercorrere la propria vita è un metodo per esplorare le multiple appartenenze identitarie in un percorso esistenziale pieno. Eppure è l’autobiografia di una donna che afferma “che la propria vita non le appartiene”. La cifra del racconto è infatti lo spaesamento (non solo del lettore, ma dell’autore stesso), il puzzle di luoghi, lingue, esperienze, “zig-zag”, che andranno a comporre la complessa, interessantissima, storia di vita personale e intellettuale. Non solo: è l’occasione per ragionare sui generi, sulle relazioni, sul desiderio senza pregiudizi, sul futuro. L’iniziativa di comporre questo mosaico di vicende, riflessioni e saggi spetta all’editore, Castelvecchi, che ha suggerito a Braidotti di cercare un filo, ripercorrere i continenti, le genealogie e le esperienze. Ed è rivolto ai più giovani, in una sfida al tempo, lottando contro l’indifferenza e cercando la meraviglia.