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Future

Maria Moise è di origine haitiana e scrive di un meraviglioso modo di essere donna nell’isola caraibica. Afferma: “Ad Haiti sono le madri a fare da capofamiglia, a fare sia da padri che da madri”… Djarah Kan, di origine ghanese, invece delinea in maniera netta il rapporto tra “colui che ce l’ha fatta” in Italia e i parenti rimasti al villaggio. E si tratta di una vicenda carica di menzogne perché l’Europa non dispensa ricchezze a chi proviene dall’Africa… Ad occuparsi del colonialismo è Angelica Pesarini in un racconto epistolare, con la riscrittura di documenti autentici che mostrano la difficile identità dei bambini figli di uomini italiani e di donne eritree rinchiusi, durante il periodo fascista, all’interno di orfanotrofi nella capitale della colonia eritrea Asmara. In altre parole, sono le modalità “predatorie” con le quali l’Italia ha inteso la propria presenza in Eritrea che vengono a galla dalla lettura degli atti, senza che il racconto aggiunga nulla di inventato… A operare un salto narrativo in una realtà surreale è la scrittrice Lucia Ghebreghiorges che affronta la vicenda di una donna nera con il suo assistente virtuale e delinea le intuibili difficoltà relazionali della donna dovute al differente colore della pelle. Nel racconto si accenna anche alle adozioni di bambini con differente origine… Laeticia Ouedraogo originaria del Burkina Faso, pone in maniera esplicita le criticità legate all’odio razziale ed alla cultura segregazionista esistente in Italia. In maniera incisiva e senza mezzi termini esplicita il trattamento riservato nel nostro paese a chi proviene da un paese africano. Afferma la scrittrice: “… mio fratello Mathys è nato in Italia e ha scoperto quasi subito di essere nero. Io e mio padre ce ne siamo accorti dopo, intendo dopo essere arrivati qua. Papà si è sentito dire “negro di merda” a trent’anni, io invece ho sentito dietro di me l’espressione “sporca negra” a undici anni, forse ero appena atterrata assieme a mia madre nella terra promessa, proprio in quel territorio in cui quel negro di merda che era diventato mio padre ci attendeva per il ricongiungimento familiare”… Addes Tesfamariam conduce il lettore nella scintillante Milano della moda e della ricchezza dell’apparenza e del vuoto di valori per poi collocarlo tramite le vicende della protagonista del racconto, nella civilissima Olanda. E tuttavia giunta nella patria delle libertà la giovane afroitaliana viene socialmente relegata tra i “rifugiati” e così, in una continua maratona geografica, decide di ripartire ritornando in Italia… Alesa Herrero narra dell’arrivo a Roma di una giovane capoverdiana che dopo un’infanzia triste nella capitale ha raggiunto il successo all’estero come cantante. Il racconto non risparmia per nulla la scuola e il sistema di accoglienza degli immigrati esistente in Italia. Anche questo racconto evidenzia quanto il colore della pelle costituisca un tabù per tanti, anche di media cultura ed appartenenti all’ambiente ecclesiastico. Il recupero del nome Matimba e della lingua portoghese consente alla protagonista di riprendere il filo del proprio destino lontana dall’Italia e dalla Matilde che tentava in tutti i modi di omologarsi, senza riuscirci... Leila El Houssi narra di cerimonie del thè e di elemosine rituali in Tunisia nonché del tentativo di riproporre i modelli culturali dei paesi di origine in Italia da parte degli immigrati. Ovviamente sono tentativi non accettati dalla società ed anzi ritenuti riprovevoli. Il racconto è incentrato sull’esperienza di una bambina che a scuola dichiara orgogliosamente di avere cinque nonni nel mentre la maestra ritiene impossibile il fatto e convoca la madre ai fini di rimproverarla per un eccesso di fantasia. In realtà la bambina narra di un matrimonio poligamo e di una famiglia felicemente “plurale”… Esperance H. Ripanti descrive anche lei episodi di “razzismo” e di non accettazione nell’ambiente universitario e tra gli studenti italiani. Insomma nei luoghi dove dovrebbe prevalere la cultura prevale l’esclusione. L’autrice riporta fedelmente l’atmosfera violenta ed aggressiva contro gli stranieri. “Nell’estate delle lamiere”, scrive l’autrice, “l’aria vomitava odio e diffidenza”. Il racconto si conclude in maniera inaspettata con il ricordo ed il richiamo ad un leone bianco... Infine Wii, pseudonimo di una scrittrice di origine marocchina, opera un interessante mélange linguistico e grafico e richiama l’assenza di identità dell’immigrato e la comunanza di culture esistente tra l’Italia e i paesi del Maghreb tutti affacciati e permeati da radici unitarie legate al mare mediterraneo, fulcro di identità culturale…

Future è un volume di racconti curato dalla nota scrittrice Igiaba Scego contenente scritti di undici autrici origine straniera che vivono ed operano in Italia. Il titolo si rivolge alle donne che nel futuro abiteranno l’Italia e costituisce un messaggio di accusa nei riguardi dei rappresentanti della cultura italiana, delle élite intellettuali dominanti nel Paese che non colgono un dato di fatto oramai sotto gli occhi di tutti: quello del pluralismo culturale esistente in Italia come risultato del colonialismo, dell’immigrazione, delle adozioni e dei matrimoni misti. Così le scrittrici afrodiscendenti che si esprimono nell’antologia, forti dell’aver acquisito traguardi accademici di tutto rispetto, spesso anche dottorati all’estero, forti di esperienze di integrazione piò o meno risolte, chiariscono, ciascuna a proprio modo, con toni più o meno polemici, cosa significa vivere attualmente in Italia avendo genitori o nonni provenienti da paesi africani o americani o appartenenti ad arcipelaghi esotici d’oltremare. In effetti afrodiscendente è termine che coglie una pluralità di situazioni diversissime tra loro e connotate tutte da un legame con il continente africano recente o remoto. Così oltre ai soggetti recentemente giunti in Italia da Paesi africani, anche taluni abitanti del Brasile o degli Usa, di Haiti, o del Cile, possono essere definiti afrodiscendenti in quanto per tratti somatici o per il colore della pelle manifestano una genealogia con avi trasportati a forza sulle navi come schiavi dall’Africa all’Europa e all’America. Ovviamente in Italia, per ragioni di mancato approfondimento delle conseguenze del colonialismo di ogni epoca e Paese e per miopia verso il fenomeno della tratta degli schiavi, si preferisce omologare coloro che manifestano un diverso colore di pelle rispetto alla “whiteness” dell’europeo tipico e quindi si relegano tutte le narrazioni non bianche nell’ampio e tuttavia erroneo contenitore della letteratura “etnica” e/o dell’immigrazione. È questa un’operazione culturale scorretta in quanto in Italia vivono tanti intellettuali afrodiscendenti che hanno acquisito lo stesso codice culturale degli italiani e tuttavia non riescono a trovare spazi espressivi di uguale ampiezza di quelli riservati agli scrittori “bianchi”. Una discriminazione che non trova altra giustificazione che quella del colore della pelle e che in tanti casi che viene avvertita come doppiamente ingiusta in quanto si lega all’eterna problematica del diritto di cittadinanza. Dunque i testi delle undici autrici afroitaliane che hanno contribuito alla raccolta maturano in questo clima e si caratterizzano per una notevole diversità di stili, di accenti e di esperienze. Alle narrazioni autobiografiche, talune rappresentative di episodi di razzismo dolorosamente subìto, si alternano forme di scrittura sperimentale con accenti di carattere sociologico o di saggio generazionale. Il filo conduttore è tuttavia unico e deflagra sulla stagnante atmosfera in cui, rispetto al problema “tonalità di melanina” oscillano i pensieri di tanti italiani. Proprio auspicando una maggiore fluidità di ragionamenti ed opinioni ed una più approfondita riflessione antropologica - gli uni e l’altra già affrontati nei paesi del Sudamerica dove il neologismo “afrodiscendenti” è stato coniato nel dicembre 2000 - le scrittrici auspicano anche un “domani” in cui effettivamente il colore della pelle non emerga più come quale unico elemento distintivo tra gli individui.