
Le notti estive in Groenlandia sono mute e luminose. Il sole non tramonta mai e il silenzio è talmente assoluto che si può essere svegliati da un rumore cupo, proveniente dal profondo del terreno. È il ghiaccio che scorre, “potente e inesorabile”, sotto l’accampamento dei ricercatori. Al contrario di quel che si potrebbe pensare il ghiaccio non è un elemento statico e immobile, ma questi movimenti e cambiamenti, normali soprattutto nel periodo estivo, stanno accelerando: il ghiaccio sta diventando più scuro, i fiumi e laghi generati dallo scioglimento finiscono per “cannibalizzare” il ghiaccio da cui provengono. Lo scopo della spedizione è quello di raccogliere dati su come i ghiacci della Groenlandia, formati in migliaia di anni, stiano subendo gli effetti del cambiamento climatico, influenzando a loro volta l’innalzamento del livello dei mari. La giornata della squadra comincia con “la vestizione a cipolla” e un caffè bollente. I cibi caldi sono importanti come il buon equipaggiamento e in questa terra così affascinante e così inospitale ogni pasto è un’occasione per scambiarsi considerazioni ed esperienze. Dopo la colazione, la giornata prosegue con le rilevazioni e la faticosa marcia verso il lago in cui sarà rilasciata una sonda: mesi di studio e preparazione “condensati in un microsecondo” dall’esito incerto. Tanto incerto che può anche capitare di assistere quasi in tempo reale a un evento inatteso e stupefacente, che sembra dare senso a tanti sforzi. Lungo il rientro alla base può capitare di osservare dei fori cilindrici dal fondo scuro, veri e propri laboratori naturali per la vita in condizioni estreme. Quando la giornata arriva alla fine sono tanti i dati raccolti, ma anche le riflessioni e le conversazioni: i cambiamenti climatici, le migrazioni anomale di pinguini e orsi polari; i propri familiari, le missioni del passato, il destino di queste terre e delle loro popolazioni ora che il passaggio a Nord-ovest e le risorse del sottosuolo stanno diventando accessibili a turisti improvvisati e speculatori…
Marco Tedesco è un glaciologo originario dell’Irpinia, ora professore alla Columbia University e ricercatore presso il Goddard Institute for Space Studies della NASA. Il libro, scritto in collaborazione con il giornalista Alberto Flores d’Arcais, è un diario di viaggio dal linguaggio accattivante e comprensibile anche quando si addentra nella descrizione di fenomeni o creature relativamente rari e complessi. Il testo è accompagnato da una dozzina di foto: indubbiamente si sente la mancanza di qualche immagine in più (foto, e forse qualche grafico), ma in questo modo le parole sfruttano appieno l’opportunità di descrivere e imprimere nella memoria visioni, panorami ed esperienze proprio nel modo in cui sono state vissute e percepite da chi le racconta. Oltre alle descrizioni e alle spiegazioni scientifiche, alle preoccupazioni di ordine climatico, politico ed economico, infatti, non mancano riflessioni personali e ricordi che sembrano sorgere spontaneamente nel silenzio, nella solitudine e nella dura quotidianità in condizioni estreme. Una solitudine che, però, non è totale: il gruppo di ricerca, composto da uomini e donne di nazionalità diverse, è un contesto che invita continuamente a scambiarsi esperienze, a collaborare. La ricerca scientifica è qui raccontata come un lavoro di squadra, in cui ha un grande peso anche l’aspetto umano: le emozioni, prima fra tutte l’entusiasmo; i bisogni concreti; lo stare insieme… Ghiaccio è un libro che riesce a portare chi lo legge all’interno di un’esplorazione ai confini del mondo, a rendere familiari e comprensibili strumenti e concetti della ricerca scientifica ma, soprattutto, a far sentire affascinante, vicino e concreto un mondo delicatissimo, minacciato da rischi – gravi, rapidi e irreversibili quanto distanti– che potranno essere scongiurati solo se in tanti avranno a cuore queste meraviglie come chi le studia così da vicino.