
Jonah è uno scrittore che sta cercando materiale per scrivere Il giorno in cui finì il mondo, libro nel quale intende raccontare come alcuni americani importanti abbiano trascorso la giornata del 6 agosto 1945, quando la bomba atomica venne sganciata su Hiroshima. Essendo diventato da tempo seguace del bokononismo, stravagante culto religioso basato sugli scritti del misterioso guru Bokonon, Jonah intende includere nel libro il maggior numero possibile di membri della sua karass. I bokoniani credono infatti che l’umanità sia divisa in tante squadre dette karass, ognuna delle quali compie la Volontà di Dio senza esserne consapevole. La karass di Jonah include i tre figli di Felix Hoeniker, premio Nobel per la fisica, considerato uno dei “padri” della bomba atomica. Jonah decide quindi di scrivere a Newton Hoeniker, il minore dei tre figli, un nano alto un metro e ventidue che gli fornisce alcune informazioni invitandolo però a contattare anche i fratelli più grandi, Angela e Frank. Sempre alla ricerca di ulteriori informazioni su Felix Hoeniker, Jonah riesce a fissare un incontro anche con quello che è stato il suo supervisore, il dottor Asa Breed. È proprio Breed a parlargli dell’ultimo progetto a cui il grande scienziato stava lavorando, poco prima di morire. Su richiesta di un generale di marines che lo implorava di fare qualcosa per eliminare una volta per tutte il fango, in modo da far sì che i suoi soldati non dovessero continuare a passare la loro vita a sguazzare nella melma, Hoeniker stava mettendo a punto un nuovo tipo di sostanza in grado non solo di cristallizzare l’acqua, ma di innescare anche una reazione a catena in grado di congelare in un sol colpo tutta l’acqua del pianeta. Quello che Breed ignora è che non solo Hoeniker è riuscito a inventare questo materiale, a cui ha dato il nome di ghiaccio-nove, ma lo ha anche donato ai suoi figli. Questo vuol dire che, in giro per il mondo, ci sono ora tre persone che possiedono un piccolo frammento di una sostanza che è potenzialmente in grado di provocare la fine del pianeta…
Ghiaccio-nove appartiene alla fase iniziale della produzione di Kurt Vonnegut, caratterizzata da una forte prevalenza di tematiche fantascientifiche. Uscito nel 1963 con il titolo originale di Cat’s cradle, in riferimento al passatempo al quale Hoeniker stava giocando quando gli venne l’idea del ghiaccio-nove, il romanzo fu un grande successo, ottenendo anche la candidatura al¬ Premio Hugo come miglior romanzo di fantascienza. Considerarlo però “solo” un romanzo di fantascienza sarebbe riduttivo: Ghiaccio-nove è soprattutto la dimostrazione dell’incredibile talento umoristico di Vonnegut, in grado di costruire una storia intrisa di assurdo e di sarcasmo, mascherando con la sua ironia un tema di fondo che rimane profondamente tragico. Parlandoci delle varie sfaccettature del culto di Bokonon e degli aspetti surreali della vita sull’isola di San Lorenzo, nella quale è ambientata la seconda parte del libro, Vonnegut lascia infatti passare quasi di soppiatto quello che è, in fondo, il suo vero obiettivo: portarci a riflettere sul pericolo che una scienza gestita in modo poco accorto possa alla fine portare allo sviluppo di armi talmente letali da distruggere ogni forma di vita sulla Terra. Ritroviamo qui molti degli elementi che caratterizzano anche il famoso Mattatoio N.5, per certi versi il capolavoro dello scrittore americano: una concezione pessimistica della vita, il gusto per il paradosso, un pacifismo convinto e mai di facciata, profondamente radicato nella storia personale dell’autore. Con la solita leggerezza, e senza mai avere la minima pretesa di mettersi in cattedra, Vonnegut riesce a farci ridere e al tempo stesso ci spinge a riflettere, regalandoci un romanzo umoristico e al tempo stesso estremamente profondo, che non a caso portò l’Università di Chicago a premiare il suo autore con una laurea ad honorem in antropologia. Un romanzo che non si lascia incasellare negli schemi di genere e si conferma, a tanti anni di distanza, come un piccolo classico sempre attuale, espressione di una delle voci più originali della narrativa del Novecento.