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Giornalismo e verità

Giornalismo e verità

Dal diritto del cittadino a essere informato correttamente al dovere (ma anche diritto) del giornalista a garantire un’informazione tendente il più possibile all’obiettività: l’informazione, per il suo modo di essere - tanto da entrare nel novero delle caratteristiche fondanti di una democrazia - deve essere per forza di cose corretta, perché contribuisce alla formazione delle idee, orienta il dibattito, condiziona le opinioni e per questo motivo, quando è un’informazione pilotata, non orientata alla verità e scorretta, dove può portare? Non contribuisce certo alla corretta interpretazione della realtà, né, tantomeno, alla sua comprensione. Il binomio imprescindibile è diritto all’informazione e libertà di stampa senza condizionamenti di alcun genere. Anzi, il valore del lavoro del giornalista è, a maggior ragione, quello di garanzia, di controllore della democrazia e del corretto funzionamento delle istituzioni, una sorta di guardiano (fu John Stuart Mill a dare la definizione di “cane da guardia della democrazia” nel XVIII secolo). Strumentali ricostruzioni dei fatti, silenzi su eventi che meriterebbero ben altro atteggiamento, ipocrisie e falsità a tutela di qualcuno che non è il cittadino, rappresentano una stampa schiava e asservita al potere e non tutto poi è così astratto. E intanto oggi i giornali sono in caduta libera, perdendo quotidianamente quote importanti di lettori e soprattutto importanti fette di un mercato pubblicitario che sembra più orientato verso la tv e il web (non che questa sia una garanzia maggiore di obiettività e libertà di stampa) e certo il cittadino non ha di che stare tranquillo...

“Non ci sono scorciatoie nel buon giornalismo”, sostiene nella prefazione il prof. Carlo Sorrentino, ordinario di Sociologia dei processi culturali all’Università di Firenze. D’altronde in questo mondo una fetta consistente della proprietà dei mezzi di informazione è in mano a imprenditori con grandi interessi in ballo. Contemporaneamente la parola “giornalismo” è spesso associata alla parola “crisi” e forse non è difficile capire perché succeda questo e tanto meno perché siano questi i risultati! Anzi, forse è proprio questo il motivo che ha spinto Sergio Gessi a inserirsi nel dibattito, rivolgendosi agli aspiranti giornalisti, ma realizzando un piccolo libro anche per chi “è del mestiere” da tempo. Sarebbe consigliabile tenerselo sempre vicino, per un’agile consultazione costante: Gessi da sempre rappresenta un paladino del giornalismo ben fatto e quindi non esita, dati alla mano, a invitare giornalisti e lettori a una riflessione fondamentale sull’esercizio della democrazia attraverso gli strumenti più corretti per comprendere ciò che ci circonda e che rappresenta la nostra realtà quotidiana. Sì, Sergio Gessi sarà anche un formatore, ma è anche vero che ha un grande amore per questa professione e soprattutto un grande rispetto per i destinatari finali. Dati, suggerimenti, esempi, le basi della professione (dall’art. 21 della Costituzione alle 5 W “preghiera quotidiana”, fino al “titolo esca”), le citazioni più efficaci (ad esempio quella di Indro Montanelli sulla deontologia professionale) e cinque pagine finali con consigli e suggerimenti per evitare errori linguistici. Ogni parola non è usata a caso, ma è densa di significato e mai sprecata, al punto che diventa preziosa anche la chiave di lettura del dramma di Giulietta e Romeo, subito dopo la premessa.