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Giro di vite

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Ai confini con il Venezuela, si trova lo stato caraibico di Saoparel, “la capitale sudamericana del narcotraffico, del contrabbando e della prostituzione”. È qui che Emma, giovane e brillante operatrice delle Nazioni Unite, viene mandata in missione esplorativa allo scopo di raccogliere informazioni utili ad arginare il fenomeno della tratta di persone operata dai cartelli. Ufficialmente, tuttavia, si trova nella capitale di Saoparel in qualità di speaker nell’ambito di un ciclo di conferenze sui diritti umani. Mentre si appresta a parlare, Emma non può fare a meno di pensare con amarezza, ma con lucidità, quanto possa essere lucroso il fenomeno della tratta: “una semplicissima questione di numeri, una dose di droga si vende una sola volta; una donna, invece, può essere venduta fino a trenta volte al giorno”. La rappresentante delle Nazioni Unite prende la parola con coraggio e autorevolezza accusando il governo di Saoparel di essere complice del fenomeno. Al termine del discorso, una donna le si avvicina e si presenta confessandole la propria storia: si chiama Iris e ha subito in prima persona la violenza di un cartello. Due anni prima, infatti, è stata rapita e portata in nave lontano dal paese riuscendo miracolosamente a salvarsi e a tornare a casa. A voce sommessa, ma con fare deciso, Iris afferma di essere in grado di poterla aiutare. Si scambiano così i numeri di telefono per tenersi in contatto. Tornando con il proprio collega verso l’auto parcheggiata per strada, Emma nota un biglietto lasciato sotti il tergicristallo: la grafia è nervosa e contiene un’esplicita minaccia…

Giro di vite è il secondo capitolo di una serie avventurosa che vede come protagonista Emma Fremont, operatrice dell’Onu, in missione sul campo. Il romanzo è primariamente ambientato in un immaginario paese del Sud America, lo Stato caraibico di Saoparel - per il quale l’autrice sembra essersi ispirata alla Colombia - afflitto dalla tratta di esseri umani per lo sfruttamento della prostituzione e il commercio di organi. Emma si inserisce in questo quadro come un elemento fortemente positivo, è un’idealista, appassionata del proprio lavoro nonostante esso la porti a contatto con la brutalità che l’essere umano è in grado di infliggere ai propri simili: “Priscila è morta. È morta per la sua famiglia, e anche per i suoi amici. Priscila non c’è più, devi dimenticarla. Non sei più quella persona […] E ogni incitamento era accompagnato da un colpo sul volto […] Era così, a suon di botte, che era diventata sorda”. Il romanzo si legge velocemente grazie a una prosa semplice, immediata e priva di fronzoli; in esso l’operatrice delle Nazioni Unite è figura centrale, eroina contemporanea – quasi una moderna agente 007 – che lotta per valori che considera diritti universali, ma che allo stesso tempo si ritrova a lottare con se stessa a causa di un disturbo da stress post traumatico. Nel libro più che la descrizione dei personaggi, spesso solo abbozzati, ha grande risalto la situazione in cui versa lo Stato di Saoparel, che emerge attraverso le rocambolesche avventure affrontate dalla ragazza e dal suo collega. Merito dell’autrice, Maria Eugenia Veneri, è di essersi occupata del problema della tratta di esseri umani sotto forma romanzata e in modo da non appesantire la lettura.