
Quando Cico e Pallina riappaiono è buio. Si tengono stretti mano nella mano. Sono usciti da un sonno lungo, anzi, lunghissimo. Restano però comunque due innamorati, l’uno dell’altra, e viceversa. Si vogliono bene. Tanto bene. Un mondo di bene. Della loro storia, però, paiono non ricordare praticamente nulla. Nemmeno il più piccolo dettaglio. Si chiedono se in tutto questo tempo hanno sognato. La reciproca risposta è affermativa, in entrambi i casi. E non ci mettono molto a capire che hanno fatto lo stesso identico sogno. Nel quale loro non sono loro. Sono due che si chiamano Giulietta e… no, non Romeo, ma Federico. Nel sogno Giulietta e Federico sono in viaggio sul loro trabiccolo, una scalcagnata decappottabile che si muove tra due maestose file di cipressi, lui ha al collo una sciarpa rossa che svolazza, lei la testa velata da un foulard. Vanno in cerca di qualcosa, ma nessuno dice all’altro dove. Lei ha gli occhi stupefatti, spalancati, che guardano più verso dentro che verso fuori, ai segreti nascosti delle persone, lui invece scruta oltre i vetri intensamente e cerca gli oggetti del mondo, quelli visibili, con una brama bruciante, vuole disegnare tutto quello che incontreranno…
Se fosse ancora vivo Federico Fellini, il più importante, strabordante, geniale e universalmente riconosciuto cineasta italiano, lo scorso 20 di gennaio avrebbe soffiato su un secolo di candeline: il 2020 è dunque non solo un anno bisestile, ma anche quello della celebrazione della sua arte sopraffina, che ha saputo declinare pure attraverso il fumetto, disegnandone moltissimi e divenendone protagonista in più occasioni. Come in questo caso, grazie ai testi molto riusciti di Federica Iacobelli e alle raffinate illustrazioni, perfettamente coerenti col mood delle opere del regista riminese e con le peculiarità della sua persona e del suo personaggio, di Puck Koper: iconico sin dall’abbigliamento, connotato caratteristicamente con cappello e sciarpa, qui Fellini è accanto alla sua musa, alla compagna di una vita, a sua moglie Giulietta Masina, attrice sublime e tra le più sottovalutate che si ricordino, messa in ombra dalla mole del marito, colei cui ventisette anni fa, a Hollywood, il deus ex machina di Amarcord disse teneramente “Please, don’t cry”, perché commossa dalla consegna al coniuge dell’Oscar alla carriera. Il volume è un viaggio, una fiaba, una poesia, il racconto dagli accenti lirici e onirici di una storia d’amore, quella di Cico e Pallina, due dolci fidanzatini, innamorati, che si sovrappongono e scambiano i ruoli con Fellini e Masina, divisi e uniti nella loro vita affettiva e professionale da una continua sinusoide di emozioni lunga decenni. Nel 1943, infatti, a Roma, in piena guerra, si incontrano negli studi della radio, l’EIAR fascista spesso ridondante di propaganda che poi diverrà RAI, i poco più che ventenni Federico, sceneggiatore e autore di radiodrammi, tra cui la fortunata serie di, guarda un po’ il caso, Cico e Pallina, e la giovane attrice Giulia, voce di Pallina. Si incontrano, e non si lasciano più.