
Polonia. E’ un giorno come molti altri mentre in uno stadio dismesso Edmund Piatkowski si allena nel lancio del disco. Sugli spalti anonimi spettatori attendono che l’atleta compia la sua specialità: un tiro superiore ai sessanta metri. Ma ad allenamenti conclusi si ritireranno delusi, convinti che il record non sia stato battuto. In realtà Piatkowski ha superato per ben due volte quella distanza, eppure nessuno ha saputo accorgersene. Ecco che allora il lancio del disco diventa metafora di vita, delle opportunità mancate della nostra esistenza e di quell’unica grande occasione che, se non riusciremo a riconoscere, rimpiangeremo per sempre… Durante l’invasione tedesca dal cielo piovono bombe che toccano il terreno trasformandosi in enormi fontane di terra: uno spettacolo terrificante che scuote le vite degli adulti, eppure per un bambino di sette anni - incapace di associare quelle immagini al pericolo di morte - rappresentano uno scenario affascinante verso cui correre… In miniera un’esplosione ha causato la morte di un giovane diciottenne, il padre paralizzato non può raggiungere il luogo dell’incidente e così una squadra di minatori si accorda per restituire la salma ai parenti. Saliti sul furgone in compagnia di un reporter, i minatori macineranno chilometri di strade terrose sino a che una ruota bucata non li costringerà a fermarsi nel pieno della notte: non resta che caricarsi la bara sulle spalle e procedere incerti nella foresta…
Ryszard Kapuscinski rivolge l’ottimo sguardo fotografico a cui da sempre ci ha abituati verso il suo paese d’origine: la Polonia (l’autore nacque a Pinsk il 4 marzo 1932, all’epoca territorio polacco, oggi città di confine della Bielorussia). Ne scaturisce un insieme composito di racconti-reportage ricchi di elementi storici a cui si mescolano inevitabilmente ricordi personali che provocano nel lettore emozioni intense. Ci immergiamo così in una realtà lontana e poco conosciuta: la Polonia degli anni Cinquanta e Sessanta alle prese con la ricostruzione post-bellica e il desiderio di indipendenza rispetto alle oppressive influenze sovietiche. Scopriamo un paese fatto di contadini che distinguono il terreno annusandolo, di madri abbandonate che per arrotondare il misero bilancio familiare scrivono lettere d’amore a pagamento e si privano dei medicinali necessari per curare la tubercolosi per poi rivenderli al mercato nero, oppure di giovani disposti come fanti nelle carte da gioco per riuscire a condividere un letto con gli studenti espulsi dalle università. E’ il ritratto dunque di un paese che arranca, ma in modo fiero, tra onestà e divisioni, tra giovani delle classi indigenti determinati a diventare ingegneri per farsi una vita e anime talmente consumate dalla loro povertà che la vita sembrano averla persa, ritrovandola forse nel fondo di una bottiglia di vodka.
Ryszard Kapuscinski rivolge l’ottimo sguardo fotografico a cui da sempre ci ha abituati verso il suo paese d’origine: la Polonia (l’autore nacque a Pinsk il 4 marzo 1932, all’epoca territorio polacco, oggi città di confine della Bielorussia). Ne scaturisce un insieme composito di racconti-reportage ricchi di elementi storici a cui si mescolano inevitabilmente ricordi personali che provocano nel lettore emozioni intense. Ci immergiamo così in una realtà lontana e poco conosciuta: la Polonia degli anni Cinquanta e Sessanta alle prese con la ricostruzione post-bellica e il desiderio di indipendenza rispetto alle oppressive influenze sovietiche. Scopriamo un paese fatto di contadini che distinguono il terreno annusandolo, di madri abbandonate che per arrotondare il misero bilancio familiare scrivono lettere d’amore a pagamento e si privano dei medicinali necessari per curare la tubercolosi per poi rivenderli al mercato nero, oppure di giovani disposti come fanti nelle carte da gioco per riuscire a condividere un letto con gli studenti espulsi dalle università. E’ il ritratto dunque di un paese che arranca, ma in modo fiero, tra onestà e divisioni, tra giovani delle classi indigenti determinati a diventare ingegneri per farsi una vita e anime talmente consumate dalla loro povertà che la vita sembrano averla persa, ritrovandola forse nel fondo di una bottiglia di vodka.