
Katrina è morta da quattro giorni, portata via da una malattia breve ed inattesa; la figlia Kira, terminati i riti di veglia, si allontana dal Campo del Distacco sopraffatta dalla sensazione di solitudine e precarietà: la loro era una famiglia a due (il padre Christopher è morto prima della sua nascita, durante una battuta di caccia) ed ora è completamente sola e senza casa. La casupola che condivideva con la madre è stata bruciata, come da consuetudine dopo una malattia; Kira vorrebbe ricostruire la sua capanna ma per farlo necessita di aiuto: la sua gamba deforme le rende impossibile fabbricare un rifugio da sola. Forse Matt, un bambino di otto-nove anni amico da sempre, potrebbe aiutarla... Da neonata Kira è sopravvissuta all’usanza della comunità che prevede di restituire alla terra i neonati imperfetti prima che lo spirito li pervada e renda umani solo grazie alla determinazione della madre, al fatto che il nonno - il Primo Custode del villaggio - era enormemente rispettato ed alla promessa che non sarebbe diventata un peso. E Kira, nonostante la gamba storpia, infatti un peso non lo è: è un aiuto solido e affidabile al capanno della tessitura ed ha un dono: con i fili colorati sa istintivamente creare splendide immagini, di una qualità mai vista. Ma ora che è rimasta orfana e priva di protezione le altre donne del villaggio, capitanate dalla crudele Vandara, desiderano il terreno su cui si ergeva la sua capanna per costruirci un recinto per i bambini ed i polli. Per raggiungere questo obiettivo Vandara trascina Kira di fronte al Consiglio dei Custodi: “Non c’è posto per questa incapace. Non può sposarsi. Nessuno vuole una storpia. Occupa spazio, consuma cibo e crea problemi di disciplina con i bambini piccoli”. A difenderla e scagionarla dalle accuse uno dei Custodi, Jamison; il talento di ricamatrice di Kira le vale un nuovo, importante compito: riportare all’antico splendore la sacra tunica del Cantore, che porta impressa la storia del mondo e completarla aggiungendo i ricami nella parte ancora vuota...
Lois Lowry è una delle più acclamate scrittrici statunitensi per ragazzi. Tra le opere per cui è nota la quadrilogia distopica The Giver, di cui il primo volume ha vinto il Newbery Medal (il più prestigioso riconoscimento della letteratura per ragazzi). La rivincita, secondo volume della quadrilogia pubblicato nel 2000, è leggibile in modo indipendente dal primo in quanto non risponde alla domanda spontanea in chi ha letto The Giver: “Cosa è accaduto a Jonas e al piccolo Gabriel?”; l’autrice ha infatti scelto di non riprendere la storia della comunità e dei protagonisti precedenti (solo verso la fine si accenna ad un adolescente dagli occhi azzurri - forse Jonas? - che vive serenamente in un’altra comunità). Il lettore viene catapultato in una comunità differente; al contrario di quella iper-evoluta di Jonas, quella di Kira dopo la Catastrofe è tornata ad una vita semi-primitiva: la maggior parte della popolazione vive in capanne rudimentali, in lotta per la semplice sopravvivenza, incapace di empatia e di pietà. In questo clima tutt’altro che sereno i più deboli, come Kira, sono emarginati e rifiutati. Il ricordo della Catastrofe è tramandato durante il Raduno annuale, momento in cui il Cantore esegue il racconto della storia del mondo nel corso dei secoli; a supportarlo la tunica riccamente ricamata che indossa, su cui sono illustrati - con sfumature d’oro rosso e marrone - tutti gli avvenimenti passati; qua e là, sbiadita dal tempo, qualche nota di blu... metafora della pace che manca da tempo nella comunità di Kira. Differente l’ambientazione ma molto simili alcune tematiche e scelte operate dall’autrice: anche qui il peso del tramandare le memorie della comunità ricade su un adolescente dalle abilità speciali ed il diverso non è benvenuto; anche stavolta la lettura risulta agile ed avvincente e con rapidità traghetta verso...un finale ancora più aperto, quasi “tronco”, ma che non vede il protagonista in fuga bensì scegliere di rimanere nella comunità per cambiarla dall’interno. Abbandonate le tematiche per cui The Giver è stato criticato o addirittura censurato (eutanasia ed infanticidio), La rivincita non rinuncia comunque a lanciare un messaggio importante: l’arte a comando non esiste e cercare di limitarne la libertà d’espressione per metterla al servizio del potere è una missione destinata a fallire.