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Gli adulti fanno schifo

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La storia dell’umanità adulta è sempre stata una lotta tra adulti schifosi e no, ma adesso ci sono soltanto esemplari di adulti schifosi. È quanto sostiene ad alta voce Ginetto, davanti ai suoi quattro ascoltatori: i gemelli Yamir e Ravi, Arturo e Mira. Frequentano tutti la Grande Scuola, un edificio che assomiglia a un luogo di detenzione, fatto di cemento e di cancelli. Mira sa bene a quali abissi possano arrivare gli adulti, perché la sua famiglia fornisce un campionario di esempi di tutto rispetto: il padre fa il macellaio, ovvero trascorre le sue giornate a disossare e sminuzzare i cadaveri degli animali, è razzista e qualche volta la picchia; sua madre ha una seria dipendenza dallo smartphone, al punto che è difficile stabilire un contatto visivo con lei; suo fratello diciassettenne è un bullo democratico, cioè distribuisce con imparzialità la sua prepotenza a chiunque capiti sotto tiro. Quindi Mira, nove anni, ha superato a pieni voti la prova dello schifometro, che misura appunto il ribrezzo nutrito nei confronti degli adulti, pertanto può far parte del gruppo rivoluzionario che si riunisce clandestinamente a scuola. Perché non si salva proprio nessuno: neanche l’edicolante, la maestra, i vecchi al bar…

Tutti gli adulti deridono, giudicano, umiliano, picchiano, fanno la guerra… con il solo scopo di averne in cambio soldi. I soldi sono l’unico pensiero e l’unico dio dei grandi. Aggiungiamo poi che la società è guidata e governata dagli adulti, e si fa presto a capire come va il mondo. Sempre a sentire Ginetto, il passaggio inesorabile dalla parte dello schifo è molto precoce: avviene tra la terza media e la prima superiore. Insomma, nessuno si salva. Del resto, sono moltissimi i libri per ragazzi in cui gli adulti fanno una pessima figura. Fa parte del gioco letterario, ed è anche - diciamolo pure - un segno di aderenza alla realtà. Non ci sono bugie in questa storia, semplificazioni e generalizzazioni sì, ma nessuna bugia. Però, al netto dell’onestà, quando la maestra Rinco viene incastrata nella serranda dai suoi alunni, i quali, per vendetta - è usato proprio questo termine - la prendono a schiaffi e calci per sette minuti di orologio, quando le urla dell’insegnante (per quanto detestabile e violenta) attirano altri alunni che partecipano al pestaggio, sentiamo che proprio qualcosa non va. Linguaggio irriverente, toni netti, incedere dimostrativo e perentorio. Si rivolge in apparenza agli adolescenti, ma sotto i 14 anni perché a quel punto è già tardi.