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Gli Anelli del Potere e Tolkien: somiglianze e differenze tra la serie Tv e le opere originali

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Con l’epica conclusione della prima stagione de Gli Anelli del Potere, serie prodotta da Prime Video e ispirata al mondo letterario creato da J.R.R. Tolkien, è possibile finalmente tirare le somme. Ho preferito infatti scriverne al termine di queste prime otto puntate, così da averne un’opinione completa e, per quanto possibile, priva di pregiudizi. Sin dalla primissima puntata, infatti, moltissime persone si sono “fiondate” su internet ad additare tutti i possibili “tradimenti” al canone, ma, a ben guardare, molte di queste presunte differenze si sono poi rivelate semplificazioni di partenza chiarite nel corso delle puntate successive. A tal riguardo, è in effetti anche curioso come le prime puntate siano state proprio le più discusse, nonostante deviassero poco dal seminato, mentre quelle centrali, dove invece vi sono enormi aggiunte e modifiche, sono state sì discusse, ma anche molto più apprezzate (soprattutto per via di un aumento dell’azione). Prima di cominciare, è necessario però lanciare un’ALLERTA SPOILER. Da qui in poi parlerò della serie Tv in totale libertà, e se perciò non avete visto ancora tutte le otto puntate, prima di leggere l’articolo vi conviene mettervi in pari.



Le fonti originali
Innanzitutto occorre comprendere su quali testi i creatori della serie J. D. Payne e Patrick McKay si siano basati. Come ormai risaputo, infatti, Gli Anelli del Potere non è una trasposizione del Silmarillion (per chi non lo sapesse, quest’ultimo è una sorta di “Bibbia” della Terra di Mezzo: una raccolta di scritti di J.R.R. Tolkien riorganizzata dal figlio Christopher), bensì si fonda sul romanzo principale: Il Signore degli Anelli e, in particolare, sulle appendici presenti al termine del testo. Certo, le parti fondamentali della vicenda sono narrate anche nel Silmarillion (e in modo molto più approfondito), ma Amazon - non detenendo i diritti cinematografici di quell’opera - ha dovuto letteralmente destreggiarsi tra ciò che poteva dire, ciò che poteva sottintendere e desumere, e ciò che invece non poteva proprio mostrare. In sostanza, quindi, tutto ciò che vediamo sullo schermo arriva obbligatoriamente da Il Signore degli Anelli (o da possibili interpretazioni e invenzioni intorno a esso).

L’inizio
Il problema maggiore era sicuramente costituito dalla rappresentazione della Prima Era del mondo di Tolkien. Questa, infatti, illustrata con enorme vastità di dettagli in moltissime raccolte, è invece riassunta in breve nelle Appendici de Il Signore degli Anelli. Per tale ragione, nel prologo della prima puntata viene mostrato un riassunto molto essenziale della guerra contro Morgoth, il Primo Oscuro Signore; ma se da una parte è vero che quei primi minuti sembrano una gran semplificazione dell’opera di Tolkien, al contempo, se li si guarda con attenzione, ci si renderà conto che gli sceneggiatori hanno appunto giocato sul confine tra ciò che potevano e ciò che non potevano utilizzare. Se la voce narrante della protagonista Galadriel parla infatti delle antiche guerre in modo assai generico, le immagini sullo schermo sembrano invece studiate appositamente per accendere le conoscenze degli appassionati. Faccio un paio di esempi. Si lascia intendere in principio che gli elfi si siano recati nella Terra di Mezzo solo per combattere il Male (quindi per ragioni puramente morali), ma al tempo stesso viene mostrato un circolo di guerrieri che innalza le spade, e ciò ricorda palesemente il Giuramento di Fëanor (difatti, in realtà, questa partenza è dovuta innanzitutto alla volontà di riconquistare i famosi Silmaril). Oppure, Galadriel piange la morte del fratello Finrod e dice che Sauron lo ha trovato e ucciso, perciò molti hanno lamentato una modifica eccessiva al canone. Finrod, in effetti, viene prima rinchiuso nelle segrete di Sauron, per poi essere ucciso dai mannari. Eppure, anche qui, se guardiamo con attenzione il cadavere dell’elfo nella serie, scorgiamo palesemente segni di artigliate sul braccio, e nella puntata 5, a ulteriore conferma di ciò, Galadriel stessa spiega che il fratello è stato ucciso dai “servi di Sauron”. Insomma: se nella serie le voci spesso narrano una versione più lineare della vicenda (probabilmente per venire incontro a un pubblico che non può conoscere migliaia di pagine di ambientazione fantasy), guardando con attenzione si scorgono invece infiniti dettagli con i quali si è cercato di non distaccarsi troppo dalla narrazione tolkieniana.

Fedeltà all’opera scritta
Ciò che salta subito all’occhio in questa serie sono sicuramente gli scenari e le ambientazioni, resi magistralmente dai paesaggi neozelandesi e dalla computer graphic. E se per quanto riguarda elfi e nani si è rimasti sullo stile dei film di Peter Jackson, stavolta si è presentata anche la sfida di mettere in scena il regno di Númenor, la grande isola degli uomini, mai mostrata prima in un’opera cinematografica. Molti, anche in questo caso, hanno lamentato un eccessivo distacco tra la Gondor di Jackson (discendente della stessa Númenor) e questa nuova ambientazione, sostenendo che facesse pensare più a un regno greco o atlantideo che a un mondo medievale. Occorre però notare anche stavolta due elementi: innanzitutto la serie si svolge ben tremila anni prima dei film, pertanto non avrebbe senso, al contrario, vedere un mondo pressoché invariato; e poi, soprattutto, bisogna ricordare che Tolkien in persona, in molte sue lettere e scritti, teneva proprio a sottolineare il fatto che Númenor fosse la “sua Atlantide”, in ogni senso. Per questo, gli ambienti mostrati in questa serie a mio parere sono coerenti proprio con i desideri dell’autore stesso. Per quanto riguarda anche i singoli eventi, libro alla mano, è davvero complicato trovare situazioni realmente lontane dalla storia della Seconda Era creata da Tolkien. Molto di ciò che viene mostrato è raccontato infatti nelle Appendici o nel romanzo stesso: basti pensare alla collaborazione tra i fabbri elfici dell’Eregion di Celebrimbor e i nani di Moria, o alla diffusa credenza che con la sconfitta di Morgoth il male sia quasi dissolto, o all’ossessione di Galadriel nella ricerca di Sauron (“Sauron […] Si rese conto immediatamente che Galadriel sarebbe stata il suo principale avversario e ostacolo, e cercò pertanto di rabbonirla, sopportandone il disprezzo con apparente pazienza e cortesia”, Racconti incompiuti – Bompiani, 2013; citazione non da poco, considerando l’ultima puntata), o alla grande potenza e ricchezza di Númenor e al suo progressivo allontanamento dagli elfi, o al matrimonio già avvenuto tra Galadriel e Celeborn, o alla storia di Eärendil che ascende al cielo con il Silmaril e alle vicende dei suoi due figli (Elros ed Elrond). Inoltre anche molte aggiunte non canoniche nel senso letterale del termine, sono pienamente coerenti con il contesto. Ad esempio, il fatto che gli elfi abbiano lasciato guarnigioni di “controllo” presso i popoli un tempo fedeli a Morgoth è un’idea nuova ma ben inserita; oppure che i nani cerchino filoni di minerali preziosi tramite il canto, mettendosi in risonanza con la montagna stessa (citazione tra l’altro, assieme alla sigla della serie, dell’importanza della musica all’interno del mondo tolkieniano; infatti quest’ultimo, stando proprio al Silmarillion, è stato generato dal canto degli Ainur). All’interno delle aggiunte legittime credo vadano inseriti anche i caratteri di Elrond e Galadriel, ancora molto distanti da quelli maturi e saggi presenti nel libro: essendo appunto una storia di tremila anni prima, e considerando la necessità di creare uno sviluppo dei personaggi che duri per cinque stagioni, io trovo sensato partire da personaggi ancora parzialmente immaturi e non del tutto “divinamente buoni” (su questo punto, però, bisognerà poi tirare le somme al termine di tutte le stagioni).

Riguardo ad alcune presunte “modifiche”…
Molto curioso il fatto, come dicevo all’inizio, che siano state attaccate soprattutto le prime puntate per presunte modifiche nell’aspetto fisico di alcuni personaggi. Ora, partendo dal presupposto che una trasposizione televisiva o cinematografica per definizione non può soddisfare chiunque, è comunque da rilevare che gran parte di queste lamentele si fondino in realtà sui film di Peter Jackson e non sul canone tolkieniano. Ad esempio, molti hanno rilevato un’eccessiva presenza di Pelopiedi dalla pelle scura, dimostrando però così di avere una ben scarsa conoscenza della Terra di Mezzo, giacché Tolkien stesso specifica che tra le tre razze Hobbit “I Pelopiedi erano i più scuri, bassi e minuti” (Il Signore degli Anelli, Bompiani 2002, pag.27). Le critiche all’elfo Arondir, in questo discorso, potrebbero avere invece un po’ più di senso, dal momento che Tolkien ha sempre descritto queste creature come estremamente pallide, ma bisogna anche notare che questo personaggio rivela di essere nato nel Beleriand, e non a Valinor. Egli dunque appartiene a quelle stirpi di elfi che non hanno ancora visto la luce dei Valar, perciò o è un Sindar (cioè un elfo grigio) o un Avaro (cioè un elfo scuro; metto le mani avanti: so che simili definizioni non riguardano il colore della pelle, ma comunque dimostrano un’indubbia lontananza tra Arondir e, ad esempio, Galadriel). Al di là comunque dei dettagli bibliografici, c’è anche da dire che non sarà certo la quantità di melanina a decretare la qualità di un’opera. Altra nota assai curiosa è quella riguardante le quantità di barba e capelli, questione che ha suscitato vibrante indignazione. Anche stavolta il dilemma mi pare insignificante, ma in questo caso è buffo notare che, attenendosi scrupolosamente al testo, non si possono minimamente sostenere le idee più gridate. Per quanto concerne le nane e la loro presunta barba (complice una battuta del film Le Due Torri, inserita a mio parere per strappare un sorriso), in realtà, se guardiamo al romanzo, l’unico vago riferimento che si trova al riguardo è laddove il nano Gimli spiega che “vi erano poche Nane, probabilmente appena un terzo della intera popolazione. Esse si allontanano dalle loro dimore assai di rado, e soltanto in caso di estrema necessità. La loro voce, il loro aspetto e, quando viaggiano, anche il loro abbigliamento sono talmente simili a quelli dei Nani maschi che gli occhi e le orecchie della gente di altri paesi non sanno distinguerle”. (Il Signore degli Anelli, Bompiani 2002, pag. 1290). Ora, se con “simili” vogliamo intendere “con tanto di barba” possiamo farlo, ma non è affatto un dogma assoluto e incontrovertibile come molti sembrano sostenere. Lo stesso identico discorso vale per l’elfo Elrond, mostrato nella serie con una capigliatura corta. In molti sostengono che questo personaggio deve avere obbligatoriamente i capelli lunghi, ma se guardiamo di nuovo nel libro, a pagina 290, scopriamo invece che viene descritto soltanto con “i capelli scuri come le ombre del crepuscolo”, senza alcun riferimento alla lunghezza degli stessi. In altri scritti viene affermato che gli elfi più saggi e con età maggiori sono soliti avere i capelli lunghi, ma in questa serie Elrond è ancora il giovane araldo di Gil-Galad (si potrebbe discutere molto di più su Celebrimbor, anziano ma dai capelli corti; dal momento però che questo personaggio non si era visto nei film, nessuno se ne è preoccupato più di tanto).

Le reali modifiche
Per trovare in questa serie veri cambiamenti al canone tolkieniano bisogna guardare altrove. Innanzitutto alla cronologia. Come era stato già annunciato dagli sceneggiatori prima dell’uscita, le cinque stagioni previste copriranno un tempo di circa 3000 anni, e perciò, se ci si fosse attenuti strettamente al testo, alcuni personaggi fondamentali sarebbero apparsi soltanto nell’ultima stagione. Si è perciò preferito concentrare tutto in un tempo compresente: si inizia infatti già a intuire che Sauron si sta risvegliando (anno 500 della Seconda Era) mentre stanno per essere forgiati i tre anelli elfici (anno 1500 S.E.) e al contempo abbiamo anche Elendil, Isildur e Anarion vivi e in piena attività (anno 3320 S.E.). Questo confonde il lettore più attento, perché avverte che sono stati tagliati molteplici eventi, oppure che sono stati compressi sviluppi enormi nell’arco di poche puntate. Altra aggiunta (o modifica) molto rilevante è la creazione del mithril. Negli scritti di Tolkien questo minerale è sempre stato preziosissimo, ma del tutto naturale. Nella serie, invece, si è deciso di narrarne la nascita: esso sarebbe scaturito al contempo da uno dei Silmaril perduti e dallo scontro tra un elfo di grande potere e un Balrog di Morgoth. Ciò avrebbe fatto confluire la luce di Valinor in questo nuovo materiale, rendendolo fondamentale per la sopravvivenza degli elfi. Ciò è indubbiamente una novità, e anche l’idea che gli elfi vogliano sfruttare quindi il mithril per “sostenersi” nella Terra di Mezzo è una modifica non indifferente e che a molti non è piaciuta (sembra sia da prendere ormai come un fatto assodato, ma resta anche la possibilità che sia tutto un inganno di Sauron deciso a sfruttarlo per forzare la creazione degli anelli, il che invece sarebbe molto interessante). Inoltre i tre anelli elfici teoricamente sono gli ultimi a essere forgiati, dunque anche su questo potrebbe esserci stata una modifica temporale, a meno che gli altri anelli non siano già stati creati in segreto dall’Oscuro Signore. A tal riguardo si connette anche il risveglio del Balrog nelle profondità di Moria, molto in anticipo rispetto al canone (sarebbe dovuto avvenire durante il regno di Durin VI, mentre qui siamo nel regno di Durin III e di suo figlio Durin IV; pur vero che per ora è rimasto laggiù: bisognerà aspettare le prossime stagioni per capire se fuoriesce davvero in anticipo). Un’altra modifica che ha suscitato tempeste è stata poi la decisione di far arrivare Gandalf già nella Seconda Era, mentre sarebbe dovuto arrivare solo intorno all’anno 1000 della Terza (sempre se lo stregone giunto dal cielo è davvero Gandalf: a giudicare dalle sue ultime battute, palesemente uguali a quelle del Grigio Pellegrino, si direbbe proprio di sì, ma non è ancora stato affermato con chiarezza). Potrebbe trattarsi anche di uno degli Stregoni Blu, mai visti prima sullo schermo. Infatti, stando a The History of Middle-earth, The Peoples of Middle-earth, i due blu potrebbero essere giunti nella Seconda Era (“The ‘other two’ came much earlier, at the same time probably as Glorfindel, when matters became very dangerous in the Second Age” cap. Last Writings – The Five Wizards). Nel caso comunque si tratti di Gandalf, come sembra ormai certo, ritengo che questa scelta sia stata fatta per accontentare quell’ampia fetta di pubblico affezionata al personaggio (in fin dei conti, si tratterebbe “solo” dell’ennesimo spostamento cronologico). E arriviamo infine a Sauron. Cioè Halbrand. Anche questo cambiamento ha suscitato maremoti. L’Oscuro Signore non doveva presentarsi sotto le mentite spoglie di Annatar e aiutare Celebrimbor nella forgiatura degli anelli? Vero, ma in questo caso il cambiamento, considerando l’ultima puntata, è stato molto minore rispetto a quanto temuto in principio: in effetti, è consistito soltanto in un mutamento di nome per caricare un colpo di scena che altrimenti sarebbe stato palese sin dalla seconda puntata.

Conclusioni
Ognuno ha le proprie opinioni e i propri gusti, come ovvio, ma mai come questa volta sono rimasto sorpreso dalla tempesta di polemiche scatenatasi intorno alla serie Tv. E se da una parte mi è sembrata eccessiva e a volte immotivata, dall’altra, però, mi ha anche allietato, giacché significa che Tolkien e la sua opera sono ancora vivissimi.

Post Scriptum
Anche se lo abbiamo dimenticato tutti, perché forse eravamo giovani o ancora inesperti, all’uscita della prima trilogia cinematografica di Peter Jackson si scatenarono proteste molto simili. Anche in quei film, ritenuti ormai dei classici, vi sono infatti colossali cambiamenti della storia tolkieniana (assenza di Tom Bombadil e degli spettri dei Tumuli, sostituzione totale delle azioni di Glorfindel con Arwen, Faramir che porta Frodo e Sam a Osgiliath, morte di Saruman a Isengard, ecc.) eppure continuano a piacerci enormemente.



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