
Nessuno sta aspettando Ryder nell’albergo, l’atrio spazioso pieno di tavolini è vuoto e tetro, nonostante il sole che splende luminoso. Ryder si avvicina al bancone per annunciare il suo arrivo facendo suonare il campanello d’argento e in quel momento alle sue spalle compare il portiere, un giovane in uniforme stanco e frettoloso, ma che quando sente il suo nome si raddrizza e cambia atteggiamento. Il giovane si rammarica dell’assenza del direttore, compila i moduli e intanto continua a ripetere che il direttore sarà molto dispiaciuto di non essere stato presente al suo arrivo, accenna che i preparativi per “giovedì sera” lo tengono molto impegnato, lo rassicura che il signor Brodsky ha fatto meravigliosi progressi e ogni giorno prova per tante ore con l’orchestra. Gustav, il facchino lo accompagna in camera, prende i suoi bagagli e non li posa in terra neppure quando sono in ascensore. Gustav stringe entrambe le valigie, che sono pesanti, diventa paonazzo dalla fatica, ma non le appoggia neppure un momento. Spiega che questo è il suo modo di essere fedele alla tradizione del suo lavoro, una piccola cosa che restituisce dignità a una professione che ogni uomo sulla terra è convinto di poter fare senza alcuna difficoltà. Sicuramente la signorina Hilde può confermare le sue parole, aggiunge Gustav. Ryder gli chiede chi è la signorina Hilda, ma non appena ha terminato la domanda si rende conto, che, proprio schiacciata nell’angolo dietro di lui, all’interno dell’ascensore c’è lei…
Gli inconsolabili è una storia che si sviluppa con la stessa consistenza di un sogno, senza punti di riferimento definiti di spazio e di tempo. Una narrazione fluida con cui Kazuo Ishiguro trasporta il lettore da un capo all’altro di una città immaginaria e senza nome. Una scrittura ricca di particolari che sono quasi miniature e fanno da cornice all’irrequietezza dei personaggi, persi tra milioni di parole, frasi e domande che sono pronunciate senza l’interesse per una risposta o reazione da parte dell’altro, con il loro continuo parlare dimostrano di essere incapaci di comunicare e dare senso agli accadimenti. Una staffetta di personalità più o meno importanti che si spostano in maniera folle e esasperante, ma allo stesso tempo con quella semplicità e naturalezza che si può ritrovare solo nella logica onirica. Un romanzo sospeso in cui al lettore pare di girare a vuoto, ma che proprio da questo vagare senza meta, tra personaggi inabili a intrecciare relazioni, emerge inequivocabilmente il vuoto di certe esistenze in bilico, che sono appunto “inconsolabili” perché incapaci di ascolto, di gestire le emozioni, di costruire rapporti umani, di fare memoria. Un romanzo che o si ama o si odia, più di cinquecento pagine che possono annoiare e allo stesso tempo incantare, ma che in ogni caso hanno lo stesso sapore delle opere di Gogol, di Kafka e di tanti altri grandi autori del ventesimo secolo.