
Della figura eroica di Piero Gobetti si conosce tanto. E la sua immagine è tradizionalmente legata alle sue battaglie ideali, in nome della rivoluzione liberale clamorosamente assente in Italia. Da strenuo e intransigente oppositore del Fascismo. Ma la sua intransigenza si misura anche negli scritti di critica letteraria, là dove si coglie la stessa passione. La stessa decisione di considerare la scrittura un’arma decisiva per arginare l’ingiustizia e, ancor più, per trasmettere alle masse una coscienza civica e politica. Il teatro, in questo senso, ha per Gobetti un ruolo di primo piano. Giusta la notazione del suo maestro più contiguo che è, un poco paradossalmente, Antonio Gramsci. Scrivendo in maniera continua, quasi compulsiva, di teatro, Gobetti si misura con i grandi nomi del suo tempo, nazionali ed internazionali: da Pirandello ai Grotteschi; dagli avanguardisti russi ai tradizionali Giacosa o verdi. E spazia dal teatro musicale alla danza, dal teatro di poesia a quello in prosa. Regolare o d’avanguardia, poco conta. Ciò che invece interessa al critico militante è denunciare in modo tranciante la futilità di certe trame d’evasione, per rimarcare la funzione civile del teatro. E interpellare la coscienza di scrittori e attori, affinché agiscano come l’ora tragica per il Paese richiedeva...
Merito di Silvio Paolini Merlo, esperto di Estetica e frequentatore del terreno di confine tra filosofia e letteratura, è quello di avere proposto un’immagine nuova, in parte non del tutto nota, della produzione gobettiana. Rivendicando agli scritti sul teatro un ruolo che in precedenza non è stato riconosciuto dalla critica. E lo fa mettendo in luce la fitta trama delle relazioni che intercorrono tra il critico militante, il pensatore, l’organizzatore culturale. Senza trascurare il costante confronto tra Gobetti con Croce, Labriola, Gramsci. Per fare qualche nome. Gli scritti gobettiani esaminati nel volume escono su diverse testate, puntualmente elencate, in maniera straordinariamente copiosa. E, rileva Paolini Merlo, evidenziando sempre una grande competenza, anche riguardo agli elementi puramente scenici propri del cosiddetto teatro teatrale, non lesinando stroncature o cauti apprezzamenti; prese di posizione coraggiose e senza timori reverenziali. E, ancora, con uno sguardo aperto al panorama internazionale. Da spirito libero. Il che è altra nota di merito distintiva in un Italia provinciale, che si avvia a grandi passi verso le chiusure autarchiche.