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Guerre ed eserciti nell’antichità

La figura dell’oplita greco dal punto di vista del suo ruolo sociale (la dinamica storica che riguarda questa figura – “quasi il perno attorno al quale far ruotare la struttura politica e sociale della Polis” – ha suscitato e suscita ancora dibattiti accesi fra gli storici) e del suo stile di combattimento… Quali basi aveva il militarismo spartano? Quanto c’è di storia e quanto di leggenda nella narrazione della filosofia di vita spartana e dell’approccio alla guerra di questo popolo? Nell’età ellenistica – tra 338 e 197 avanti Cristo – si sviluppa il mito della falange macedone, lo schieramento compatto di fanteria su 16/32 file con lo scudo e la gigantesca lancia sarissa che impediva alla fanteria nemica di entrare a contatto con i soldati macedoni. Una formazione apparentemente invincibile che però nella battaglia di Cinoscefale viene letteralmente spazzata via dalle legioni romane… I Greci allestiscono una vera flotta militare soltanto a partire dall’VIII-VII secolo, quando si supera il modello antiquato che vedeva equipaggi tra 120 e 50 uomini (tutti rematori e guerrieri senza distinzioni di ruoli), navi piccole e senza ponti. L’evoluzione tecnica decisiva che porta all’avvento delle triremi è il passaggio dall’assemblaggio dei legni mediante legature con corde a quello mediante incastri appositamente realizzati nei vari elementi… È possibile ripercorrere la storia delle guerre combattute da Roma dapprima sul territorio italico e poi al di fuori interpretandole alla luce dell’approccio della popolazione all’azione militare? Il concetto di “fides”, nato probabilmente come un vincolo in prima istanza interpersonale, diede vita “a tutta una serie di regole, sancite all’inizio dall’uso, poi sacralizzate, infine entrate a far parte del diritto”… La repubblica di Roma dovette combattere due guerre sanguinose sul proprio territorio, conflitti che misero in serio pericolo la sua stessa esistenza: l’invasione cartaginese operata dal geniale generale Annibale Barca e la rivolta degli schiavi guidata dal carismatico gladiatore Spartaco… Con la congiura di Catilina (66 avanti Cristo) si apre una lunghissima stagione di guerre civili e complotti che segna la storia di Roma: il “golpe” di Giulio Cesare che guada il Rubicone marciando verso la capitale; il suo assassinio e il successivo scontro mortale tra Antonio, Ottaviano e Bruto; la terrificante faida tra aspiranti imperatori che si conclude con l’ascesa al trono di Vespasiano; il militarismo sfrenato di Settimio Severo, il cui motto era “Arricchite i soldati, non datevi pena per tutti gli altri”… Il caos del III secolo dopo Cristo, con il susseguirsi di imperatori (Massimino il Trace, i tre Gordiani, Decio, Filippo l’Arabo, Valeriano, Gallieno, Claudio Gotico, Aureliano) eletti “dai soldati e tra i soldati”… Qual era il livello di integrazione dei legionari provenienti dalle varie province dell’Impero Romano con le truppe di origine latina? Come ci si esprimeva, come si viveva in truppe così cosmopolite?

Marco Bettalli, Professore di Storia Greca all’Università di Siena, e Giovanni Brizzi, già Professore di Storia Romana all’Università di Bologna, curano questo primo volume (di quattro) della serie “Guerre ed eserciti nella storia”, una collana de Il Mulino che si propone di offrire una sintesi del rapporto millenario degli italiani con la guerra, con il mestiere della guerra, con le istituzioni militari. Oggetto dei dieci essay raccolti nel libro altrettanti aspetti dell’arte bellica Greca e Romana (la tradizione militare greca è analizzata in questo contesto perché ovviamente legata alle colonie italiane della Magna Grecia) sviscerati dagli stessi curatori e da altri autori (nell’ordine Elena Franchi, Manuela Mari, Gianluca Cuniberti, Luca Nanni, Immacolata Eramo, Beatrice Girotti e Giusto Traina) dei quali incredibilmente non viene riportata nessuna nota biografica. Un’operazione del genere, come è ovvio, per sua natura deve scontare una certa eterogeneità, ma un qualche “peccato originale” nella selezione dei lavori – sulla quale, di nuovo colpevolmente, non sappiamo nulla – pare rendere ancor più faticosa la vicinanza tra i capitoli, che spesso paiono proprio pensati per pubblicazioni indipendenti. La lettura è tuttavia comunque interessante e istruttiva, la bibliografia proposta è molto ricca e i punti di vista esposti niente affatto banali.