
Non solo una “semplice traccia d’orientamento” destinata a far intravedere una visione d’insieme dell’editoria italiana del Novecento: questa è la Guida ai piccoli editori del Novecento [1901-1990] del professor Giuliano Vigini: un elenco alfabetico che va da Adriatica Editrice Salentina a White Star, passando per Lupetti e Marcos Y Marcos, completo di 5-6 righe di breve scheda dedicate a ogni marchio: un elenco di duecento piccoli editori che, pur partendo da outsider, da comprimari o da misfit, per questioni di fatturato, di personale e di titoli in catalogo, hanno saputo giocare un ruolo da (co)protagonisti in novanta anni di storia del libro italiano; ciò soprattutto negli anni Sessanta, Settanta e Ottanta, quando avevano saputo conquistarsi nicchie di mercato di tutto rispetto. In quel periodo, ricorda Vigini, la piccola editoria aveva costituito “un grande cantiere di lavoro, attento soprattutto alla scoperta (o riscoperta) di autori e patrimoni culturali dimenticati e alla ricerca di spazi culturali e commerciali scoperti”. I piccoli editori considerati da Vigini in questo “indice dettagliato” (sia chiaro: è molto faticoso chiamarlo “saggio”: ha più il sapore della ruvida pezza d’appoggio, del robusto canovaccio) si limitano al periodo in oggetto perché, post 1990, a detta dello studioso, “il numero dei piccoli editori si è dilatato enormemente”; si presume quindi che Vigini non veda troppe distinzioni tra “microeditoria” e “piccola editoria”, mescolandole fatalmente. In questo elenco redatto dal professor Vigini mancano tutte le case editrici di ispirazione cattolica (da Jaca Book alle Dehoniane, da Marietti a San Paolo) alle quali aveva già dedicato un simile studio, nel 2017; mancano poi tutta una serie di altri marchi perché la loro attività, pur apprezzabile, è stata considerata “meno consistente e continuativa”: per quanti fossero interessati ad approfondire, Vigini rimanda a Gambetti-Vezzosi, Rarità bibliografiche del Novecento italiano. Repertorio delle edizioni originali, Edizioni Sylvestre Bonnard, 2007. In compenso, tante le gloriose piccole case editrici omaggiate: dalla amata All’insegna del Pesce d’Oro ad Astrolabio, dalla fu Boringhieri a Camunia, da Cortina a Crocetti, dalla Dedalo alle Mediterranee, da e/o a Fanucci, da FMR a Iperborea, dalla Giuntina a Scheiwiller, da Lindau a Manni, da Neri Pozza a Pironti, da Santi Quaranta a SE, da Stampa Alternativa a Studio Tesi...
Questa Guida ai piccoli editori del Novecento [1901-1990] è apparsa per i tipi di Metamorfosi Editore nella collana “Piccola biblioteca dell’agenda letteraria”, una collana “erratica”, stando alle parole del curatore Gianni Rizzoni, “senza temi fissi, senza scadenze, affidata alle curiosità e alle simpatie”. Come è stata accolta dalla stampa? Sul “Corriere della Sera”, P. Di Stefano ha scritto che la Guida “dà l’idea dell’immenso lavoro svolto da mini-iniziative culturali temerarie, sempre in bilico sul fallimento. Talvolta fallite finanziariamente ma non culturalmente, essendo capaci di regalare idee, autori e titoli che i grandi editori, dopo l’esordio, avrebbero «scippato» con successo. Basti pensare a Theoria (fondata nel 1982 a Roma da Beniamino Vignola e Malcolm Skey, e con la coppia Repetti-Cesari poi regista di Einaudi Stile Libero), cui si deve il lancio dei «giovani» (allora) scrittori nati negli anni ‘50: Veronesi, Petrignani, Lodoli, Mozzi, Abbate, Comolli, Sandro Onofri”. Cosa si può aggiungere? Direi che in prima battuta non ha senso ridurre la ricerca all’inizio degli anni Novanta; non era così faticoso aggiungere quegli altri pochi marchi, da ISBN Edizioni di Milano alla prima Castelvecchi, dalla Meridiano Zero alla Alet, dalla Piano B Edizioni ad Arcana, che hanno fatto parte o fanno ancora parte di questa temperie. Diverso il discorso se si finisce per far coincidere certa “microeditoria” con la “piccola editoria”. Cosa intendo per “microeditoria”? Semplice: quei marchi che sono “poco più che stamperie”; formalmente non domandano contributi all’autore, tuttavia “invitano all’acquisto delle copie” o “all’organizzazione degli eventi in proprio”; sono quei marchi che formalmente sono disponibili sulle librerie virtuali, e tuttavia prima di 15-20 giorni è difficile che possano soddisfare gli ordini; sono quei marchi che teoricamente sono disponibili/ordinabili nelle librerie di catena o nelle piccole librerie superstiti, ma nessuno pensa a contattarli (troppa fatica). Se Vigini fa coincidere la nobile piccola editoria di qualità e di progetto con la “micro” (errore che fanno, ad esempio, storicamente, nella fiera di Roma Più Libri Più Liberi) allora sì, la mappatura diventa insensata e impossibile. Basta fissare diversi parametri e qualificare diversamente la “piccola editoria”: è là dove un imprenditore si assume dei rischi, non là dove un amatore gioca a fare un gioco che non conosce. In seconda battuta, è forse pacifico ammettere che le “brevi schede” di questa Guida sono troppo diseguali tra loro per poter essere analizzate con la dovuta profondità; è meglio trattarle da “appunti” o giù di lì, a volte troppo dettagliati a volte troppo generici ed evasivi. Qualche cenno sull’autore, prima di congedarci. Giuliano Vigini, docente di Sociologia dell’Editoria Contemporanea presso l’Università Cattolica di Milano, collaboratore di “Avvenire” e “Corriere della Sera”; Vigini ha pubblicato, negli ultimi anni, saggi come L’editoria in tasca [2004], Il libro cristiano nella storia della cultura [2015-2017, tre voll.], Storia dell’editoria cattolica in Italia [2017] e l’ambizioso Storia dell’editoria in Italia dall’Unità a oggi [2018], scritto con Alberto Cadioli.