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Hagard

Hagard

In un assolato pomeriggio di marzo Philip, un agente immobiliare sulla quarantina, dopo un mancato appuntamento di affari se ne sta in piedi accanto a un chioschetto di brezel in piazza Bellevue, in attesa che arrivi l’ora di raggiungere nel suo appartamento una certa Belinda. Sulla sponda del lago sorvolato da gabbiani l’atmosfera della piazza affollata è vivace, ma anche un po’ sinistra, poiché il calore di quel sole di marzo sembra diffondere qualcosa di malsano: lo starnazzare delle anatre ricorda a Philip la notizia letta recentemente sul suo cellulare di un virus che si starebbe diffondendo in Estremo Oriente, a causa di una gallina frollata acquistata al mercato di Kaiping. Immerso in questi pensieri, Philip viene attratto da un paio di ballerine color prugna indossate da una ragazza che lui vede solo di spalle, confusa nella fiumana di gente che esce dai grandi magazzini per immettersi nella Theaterstraẞe. Senza una motivazione concreta né una spiegazione logica, Philip comincia a seguire la donna, che attraversa la città tra strade, piazze, mezzi pubblici fino alla sua presunta abitazione. Questo gesto apparentemente irrazionale, dettato da un’attrazione profonda e inspiegabile, porta in realtà Philip a inseguire un bisogno di evasione da tempo represso, per la necessità di adeguarsi allo stile e ai ritmi di una società sempre più fredda e indifferente, in cui l’individuo e i suoi desideri non trovano spazio...

Lukas Bärfuss, scrittore, saggista e drammaturgo svizzero, classe 1971, con Hagard ha vinto il premio Premio Georg Büchner 2019, il più importante per la letteratura in lingua tedesca: da venticinque anni non veniva assegnato a un autore svizzero. La sua formazione è stata breve ed eterogenei i suoi impieghi: giardiniere, commerciante di rottami, agricoltore. Ha conosciuto la miseria e provato la condizione di senzatetto in una città come Zurigo, che gran poco spazio lascia a chi vive ai margini ed è escluso dai cicli produttivi. Forse proprio per queste esperienze Bärfuss riesce a raccontare, con ricchezza di particolari e molteplici punti di vista, la storia di Philip che, partendo da un banale colpo di testa, si trasforma in una vera e propria discesa ad inferos. La vicenda di Philip è enigmatica: lascia aperte ipotesi, impone quesiti, indaga zone profonde dell’animo umano senza proporre conclusioni scontate. Nel corso del romanzo il protagonista assume progressivamente una valenza simbolica, arrivando a impersonare la figura di chiunque si senta ingabbiato nella propria quotidianità, sfruttato dai meccanismi economici che poco spazio lasciano all’individualità, sempre più dipendente dagli strumenti tecnologici che controllano ormai le nostre vite. La figura di Philip arriva così a ricordare qualche personaggio pirandelliano che per liberarsi delle forme e delle maschere imposte dall’esterno si lascia andare a qualche gesto folle (le grida senza senso del computista Bellùca de Il treno ha fischiato..., ad esempio): così come il nostro agente immobiliare si butta all’inseguimento di una giovane donna che lo attira solo con le sue ballerine, senza nemmeno mostrare il volto. Il protagonista, come suggerisce il titolo, sembra quindi simile a un “hagard”, ossia a un falco adulto che non può più essere addomesticato e piegato a una vita in cattività: anche Philip fugge dalle costrizioni per abbandonarsi al momento presente e vedere finalmente “il mondo come un libro aperto”, ricordandosi però che “in tutte le cose deve rimanere un segreto che ci fa aprire gli occhi”.