
È sera tardi all’osteria della “Cicogna” quando Hermann Lauscher, in preda a un attacco di amarezza, e forse persino consapevole che ormai poco gli resti da vivere, supplica l’unico compagno poeta di preservare il suo anonimato riguardo alle opere già pubblicate. L’amico, perplesso, accoglie la richiesta, e dieci giorni dopo Lauscher muore improvvisamente durante un viaggio. Il suo compagno tiene allora fede alla promessa, ma decide anche di raccogliere gli scritti postumi dell’artista, tramite i quali è possibile ricostruire la vita del defunto e comprenderne l’evoluzione fuori dal comune. Partendo così dall’infanzia di Lauscher, lontana e sognante, immersa nel verde della campagna tedesca, si arriva poi agli anni della gioventù, in cui invece l’esistenza del poeta si fa burrascosa, tra taverne e personaggi poco raccomandabili, per giungere infine al periodo in cui le esperienze universitarie e poetiche si confondono con il fiabesco e l’onirico. Sorge allora una domanda fondamentale: Lulu, la semplice cameriera dell’osteria frequentata dal poeta e dai compagni, è soltanto una bellissima ragazza? Oppure è l’incarnazione terrena della misteriosa principessa Lilia? L’immaginazione dell’artista all’inizio sembra avere la meglio e spiccare il volo, ma viene poi superata drasticamente dagli eventi, che rivelano retroscena molto più complessi e tangibili di quelli ipotizzati in principio...
Hermann Lauscher è una delle prime opere di narrativa di Hesse, se non la prima in assoluto. La frammentazione del testo, che si dipana tramite una serie di ricordi slegati tra loro, è probabilmente frutto di un assemblaggio di racconti che il giovane scrittore compose intorno al 1900, a soli ventitré anni. L’idea di raccogliere questi in un unico “romanzo”, come se si trattasse appunto dei ricordi di un artista defunto, è però funzionale solo in parte, poiché appare evidente la grande differenza di qualità letteraria tra i vari capitoli. Quello iniziale sull’infanzia (probabilmente autobiografico per Hesse), ad esempio, è sicuramente il più riuscito e raggiunge un livello letterario incredibile, se si pensa all’età in cui è stato scritto. In esso non vi sono infatti eccessi d’immaginazione poetica, tutto rimane estremamente realistico, e già vi si avverte la penna di un autore che tanto ha dato poi alla letteratura tedesca e mondiale. Le parti seguenti si allontanano invece progressivamente dal realismo, e soprattutto quella più lunga intitolata “Lulu” assume una piega pesantemente fiabesca, alla Hoffmann, e dal retrogusto persino fantasy, che, seppur carica di eventi, a mio parere è meno riuscita delle altre. Si avverte, insomma, che quello è un genere in cui Hesse è meno abile. Considerando però l’età in cui lo scrittore produsse questo libro, in ogni caso bisogna riconoscergli un evidente talento fuori dal comune. Questo breve romanzo, o biografia immaginaria (a seconda di come lo si voglia chiamare), non è al livello di Siddharta o de Il Lupo della steppa, ma già vi si sente dentro l’autore che poi sarà capace di produrre simili capolavori.