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Himawari House - Il mio anno giapponese

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Tutto è diverso in America: gli aromi dei cibi, i profumi nell’aria, le persone rumorose e i contenitori per il cibo da portare a scuola. Diversi così come differente si sente Nao, che del Giappone sente la mancanza perché non riesce a ignorare la sensazione d’essere spaccata in due: una parte di lei si sente americana visto che gioca a calcio, guarda cartoni americani e vive in America, mentre un’altra parte di sé le ricorda che la sua vera casa è dall’altra parte del mondo. E così prende la decisione di salire su un aereo e raggiungere Casa Himawari, a Tokyo. Ma Tokyo non è l’America e per quanto ricordi gli alberi lanuginosi, conosca la lingua - anche se non benissimo - e possa respirare di nuovo il familiare profumo di quella città, Nao non riesce a staccarsi completamente dalla sensazione di non essere del tutto al posto giusto. Ad aiutarla nel suo periodo di studio all’estero ci sono alcuni altri studenti con cui condividerà non solo l’abitazione ma anche le esperienze, le storie e i sentimenti...

“Questi sono i miei ricordi del Giappone”. Così inizia la graphic novel che Harmony Becker decide di costruire attorno a personaggi così reali da poterci camminare accanto. I protagonisti sono tutti giovani che si trovano a vivere a Tokyo per un periodo di studio all’estero o per l’esigenza di essere indipendenti dalla propria famiglia, eppure hanno in comune qualcosa: sentono tutti la mancanza della propria famiglia, del proprio passato e delle proprie origini. Himawari House è il racconto della nostalgia, del “sentirsi diversi e un po’ a metà”. Una graphic novel dalla trama lineare, ricca di avvenimenti e piuttosto lunga, ma mai noiosa. I sentimenti che pian piano Nao e i suoi coinquilini lasciano trasparire sono calzanti per far intrecciare le storie personali con la trama principale del racconto. L’ambientazione, che gioca sul filo tra realtà e finzione, è di facile fruizione e rispetta non solo la città ospitante del racconto, ma anche la creatività del lettore, che può figurarsi le scene in tutta libertà. Particolarità apprezzata è l’utilizzo di brevissimi dialoghi in lingua giapponese, anche se va riconosciuto che in alcuni casi il rischio è di rallentare la lettura (la traduzione di due o tre frasi, in sporadici casi, si trova raggruppata in una singola pagina e quindi risulta scomodo raggiungerla durante la lettura). D’effetto è invece la scelta di colorare le illustrazioni con scale di grigi. La graphic novel è assolutamente consigliata agli amanti del Giappone o a chi desidera una storia avvincente in cui riconoscersi.