
Renzo e sua moglie Lucia ci sono finiti per caso, in quell’albergo. Hanno attraversato una palude, costeggiato un lago, si sono addentrati nel bosco. E poi è comparso l’edificio, come per magia. Un posto assurdo, isolato. Non era segnalato sulla mappa, ma, come al solito, quello stronzo testardo di suo marito ha la straordinaria capacità di non seguire mai le coordinate giuste… Zeno doveva essere ad un convegno, a bere cocktail e a parlare male dei suoi colleghi. E invece è prigioniero in quella camera d’albergo, steso a terra, nudo, l’orecchio sinistro incollato al pavimento. Nella stanza sottostante la sua camera ci sono una madre e suo figlio, Sebastiano. La voce della madre è sprezzante, arrabbiata, e non smette mai di dare addosso al ragazzino… Era nato col collo spezzato: l’ostetrica gli aveva dovuto tirare con forza la testa, per farlo passare attraverso lo stretto bacino di sua madre. Da sempre la sua testa vira a destra, e forse è per questo che tutto ciò che non è bello, o regolare, lo attira irresistibilmente. Proprio come quel brutto volantino con la pubblicità di un albergo, che la sua domestica ha attaccato (inclinato affettuosamente di 90 gradi) al frigorifero con un magnete… Leggere libri in luoghi strani, di questo parla il suo blog dal 2016: trova il posto, si porta dietro il libro prescelto, una tenda e niente altro, nemmeno denaro. La sua prossima destinazione sarebbe dovuta essere un castello, ma si è trovato di fronte ad un albergo; colpa del gps, che ha smesso di funzionare all’improvviso. Il posto è grazioso, alla reception sono gentili; il signor Augusto dice che lo stavano aspettando. Per lui è tutto gratis. Ottimo! la piscina, il panorama rilassante, lo sguardo ammiccante di Jack, il sensuale barista. Tutto bene dunque, se non fosse per il libro, smarrito chissà dove, e la connessione wi-fi completamente inesistente… Federico Labe è un operatore nel settore turistico e non lavora da sei mesi; è facile perdere il ritmo se sei un lavoratore stagionale: a quasi quarant’anni, questa vita comincia ad essere logorante, sia nel fisico che nello spirito. Un impiego più stabile potrebbe essere la soluzione, ma i curriculum sono stati spediti a centinaia e le risposte, fino ad ora, sono state zero. Fino a che il cellulare finalmente squilla, e la voce accogliente e confortante di un certo Stein, direttore dell’Hotel Lagoverde, gli offre un colloquio per ricoprire - eventualmente - una posizione di tutto rispetto…
L’Hotel Lagoverde non è propriamente un luogo: almeno non nel senso fisico del termine. È più un luogo dell’anima, a cavallo tra il reale e l’immaginario, immerso in una dimensione onirica che lo rende speciale, suggestivo, spiazzante. L’edificio non esiste in nessuna mappa, e nelle sue vicinanze il segnale gps scompare come per magia, così come il segnale wi-fi. Qualcuno ci si reca volontariamente, altri ci si imbattono loro malgrado, come attratti da una forza misteriosa avvolgente e spaventevole; la cosa certa è che tutti, che ci si renda conto o meno, hanno bisogno di stare lì: di soggiornare in quelle stanze che ti leggono letteralmente dentro; di parlare con chi si prende cura della struttura, quegli strani personaggi così gentili, eppure così sinistri, che sembrano conoscere chi sei da un tempo immemorabile. Risposte, risoluzioni, catarsi: questo è il regalo che l’hotel lascia ai suoi avventori, anche se spesso, per ottenerlo, devono passare attraverso esperienze sensoriali molto dolorose. Con questo libro Giovanni Bodi, autore e curatore dello stesso, ha dato vita ad un progetto che è quasi un esperimento letterario, una commistione e una libertà di stili che seguono tuttavia un percorso comune, a priori chiaramente delineato e affidato all’estro di ciascuno: “La parte difficile, per quel che mi riguarda, non è mai avere a che fare con gli autori e le autrici, ma organizzare i tempi di tutti. Quando ho iniziato a pensare al progetto ho, prima di tutto, stilato una lista di persone con cui mi sarebbe piaciuto lavorare. Con alcune di esse avevo già collaborato in passato, altre invece sono state una vera e propria scoperta. Ho cercato di costruire un gruppo che fosse basato principalmente sulle qualità umane e infatti ho coinvolto solo persone che rispettavo dal punto di vista umano e che apprezzavo dal punto di vista letterario. Con un’accoppiata del genere le cose non potevano andare male”. Dieci autori quindi, dieci racconti (fanalino di coda quello dello stesso Bodi, a tirare le fila di tutta la questione) che danno vita ad una sorta di romanzo scomposto - nel quale ogni racconto è autoconclusivo eppure fortemente connesso agli altri - originale e affascinante come la struttura al centro della narrazione: una sorta di Hill House 2.0, un luogo parlante capace di catturare l’anima: bisogna riuscire a riprendersela quanto prima, altrimenti si potrebbe anche rischiare di dimorare al suo interno per sempre.