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I confini di Babele

I confini di Babele

Che cos’è il linguaggio? Come si apprende la lingua materna? Perché è così difficile imparare una lingua straniera “da grandi”? Quale ontologica differenza separa il linguaggio umano da quello degli animali? Quali sono le strutture del nostro cervello sottese al linguaggio? È possibile, oggi, un dialogo proficuo tra due discipline, tra loro distanti, come la linguistica e la neurobiologia? Perché non tutte le grammatiche immaginabili sono state realizzate? La sintassi, dai linguisti ritenuta autonoma rispetto alle altre componenti della grammatica, è correlata con una specifica attività neuronale? I limiti che costituiscono la classe delle lingue umane possibili, come ad esempio la natura gerarchica delle regole, possono considerarsi come degli eventi accidentali nella storia dell’uomo, classificati ex post a tavolino, confrontando le grammatiche tra loro, o a questa differenza corrisponde una ben definita reazione neuronale? Alla luce delle recenti scoperte e dei dati acquisiti grazie ai nuovi strumenti diagnostici, è da ritenersi ancora un’illusione l’idea di “vedere il pensiero” nel prossimo futuro?

Pubblicato la prima volta nel 2006 per i tipi di Longanesi, I confini di Babele è tornato in libreria in una nuova edizione, arricchita dalla prefazione di Noam A. Chomsky ed aggiornata alle recenti scoperte nel campo delle neuroscienze. Se già nella precedente edizione il linguista Andrea Moro si poneva come saldo sostenitore della possibilità per la linguistica di fornire un contributo determinante nello studio delle funzioni cerebrali, oggi, quelle teorie, le afferma con tono ancora più deciso. Le nuove tecniche di neuroimmagini ‒ la mente corre al profetico Fino alla fine del mondo di Wim Wenders ‒ dimostrano, infatti, che la struttura funzionale del cervello di un adulto è sensibile alla differenza tra le regole che seguono i principi universali della sintassi e quelle che li violano. Offrendo, quindi, dati incoraggianti a favore dell’ipotesi che il linguaggio umano e il numero delle grammatiche realizzabili sarebbero determinati dall’architettura del cervello. La Babele delle lingue, dunque, avrebbe dei limiti, oltre i quali il cervello si rifiuta di andare. Portando il discorso all’estremo, l’autore arriva ad avanzare l’ipotesi che ad un immaginario Noè linguista, intenzionato a portare sull’Arca una raccolta di tutte le lingue possibili, sarebbe sufficiente far salire a bordo un’unica persona. E questo perché, una volta individuati i principi combinatori, da una sola lingua si potrebbe ricavare la sintassi di tutte le altre. Anche di quelle apparentemente diverse. Non un manuale di neuroscienze, né di linguistica generale, I confini di Babele è “la storia di un incontro tra due culture”, come da definizione dello stesso autore. Data la complessità degli argomenti trattati, la lettura si presenta decisamente impegnativa, nonostante i principi fondamentali su cui Moro fonda la sua teoria siano facili da cogliere anche per chi non opera in nessuno dei due ambiti.