Salta al contenuto principale

I cuscini da preghiera di carne

I cuscini da preghiera di sangue
Misterioso è il destino di chi esce dalla Gabbia. Nel cuore dell’harem del palazzo imperiale di Istanbul, in un luogo inaccessibile - la Gabbia, appunto - i principi figli del sultano, strappati dalle braccia della madri da piccoli, crescono annoiandosi e rubando al vento le voci femminili che di tanto in tanto porta al di là delle alte mura: loro non l’hanno mai vista, una donna. Quando un principe viene accompagnato fuori dalla Gabbia è per non farvi più ritorno e di lui non si sa più nulla. Nel giorno in cui l’eunuco nero chiama Orkhan a varcare la soglia poiché il sultano Selim è morto, per il ragazzo comincia un apprendistato  che lo renderà edotto dei misteri del sesso e dell’amore. Ben presto il giovane principe viene travolto da un turbinio rutilante di fanciulle velate: l’una gli insegnerà il linguaggio dell’amore e perché sia bello congiungersi sul ghiaccio, l’altra gli svelerà i misteri dell’arte antica della fallomanzia, l’altra gli mostrerà il serraglio imperiale, comprese le giraffe omosessuali, e i piaceri del suo mondo fatto di fruste e manette. In due giorni conoscerà nani che si dicono visir, enormi eunuchi che sanno raccontare storie, e rivedrà la Valide, sua madre, che gli racconterà di uno strano e pericoloso rito. Ben presto Orkhan scoprirà che nell’harem le donne sono seguaci di un’antica setta, quella dei Cuscini da preghiera di carne, che cerca l’indiamento, il ricongiungimento mistico con la divinità, attraverso diversi gradi di estasi erotica. Ma qual è il prezzo da pagare per conquistarla?...
Fuori dall’ordinario questo piccolo romanzo di Robert Irwin, uno dei massimi arabisti occidentali che di tanto in tanto si concede incursioni nella scrittura al di fuori della saggistica. Colto e raffinato, prezioso per certi versi anche nel linguaggio, apprezzabile grazie alla traduzione accurata dell’ottimo Luca Scarlini, si tratta di qualcosa a metà tra racconto erotico e fiaba orientale dalle sfumature esotiche. Si resta piacevolmente sorpresi nell’imbattersi in concetti, espressioni e metafore bellissime ed eleganti: il demone – incubo dal sapore medievale, la petite mort della poesia francese, l’insegnamento platonico che piacere e dolore sono indissolubilmente legati. Forze primitive come Eros e Thanatos si affrontano in questa storia dal sapore antico, ancora una volta come accade sovente nella letteratura di tutti i tempi, accompagnate qui da misteriose presenze come i djinn (demoni) e le peri (fate) che si divertono a tormentare gli uomini. In certo modo è possibile leggere nel romanzo anche una forma curiosa di femminismo sui generis: nell’harem (una sorta di microcosmo specchio della realtà), solitamente considerato il regno dell’uomo, il potere è in realtà esercitato dalle donne e si insegna che “la seduzione non è nient’altro che l’espediente del debole per catturare il forte”, perché  “ chi perde vince e chi vince perde. È sempre così nella guerra tra i sessi”. Irwin si è anche occupato, ovviamente, dei racconti de Le mille e una notte e, a ben guardare, la connotazione che ha scelto per questa storia la avvicina per molti versi a quelli. Questo è il motivo, probabilmente, per cui l’erotico, benché fondamentale e sostanzialmente esplicito, pare in certo modo trattenuto: diversamente avrebbe sbilanciato e snaturato la sostanza fiabesca del romanzo. Si può, insomma, tranquillamente affermare che, come spesso accade, ciò che appare come una storiella  un po’ piccante, è in realtà qualcosa di assai più elaborato, frutto di una cultura profonda (anche il titolo ammicca ad un classico dell’erotismo cinese, Tappeto da preghiera di carne di Li Yu, contemporaneo di Molière, censurato in patria proprio per una certa forma di femminismo in capo sessuale) e di una capacità narrativa notevole. Consigliato quindi a chi ama leggere cose inconsuete e cimentarsi in generi diversi.