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I figli del male

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Salerno, 1987. Da quando si è trasferito in quella città, Flavio non ha più amici. L’ingegnere e sua moglie, però, gli hanno dato le cassette che appartenevano al loro figlio. Sono dentro una scatola da scarpe, completamente piena. Gli hanno detto che al loro figlio non serviranno più. Ed è così, infatti. Il giovane è morto in un incidente. Era in sella a una moto rossa, di cui Flavio ha visto una foto in casa, quando un’auto è sbucata contromano da una strada e lo ha investito, uccidendolo. Ora all’ingegnere e alla moglie è rimasto Mattia. I due hanno chiesto a Flavio di comportarsi con Mattia esattamente come farebbe un fratello maggiore. E Flavio vuole compiacerli, anche se ha sofferto così tanto che non riesce più ad attaccarsi alle persone. Ha il terrore che possa accadere qualcosa di brutto a chi vuole bene. È già successo. Prima sua madre, poi il nonno; poi il suo amico Damiano, destinato a restare storpio per sempre, e alla fine Claudia. Il pensiero di lei lo fa stare male. Flavio si morde un labbro e caccia lontano da sé ogni ricordo. Con la musica dei Talking Heads che esce dalle cuffie del mangiacassette, si prepara ad andare a prendere Mattia, quel bambino davvero strano, che lui fa fatica a capire, all’uscita da scuola. Secondo l’ingegnere e la moglie, Mattia è spaventato e questa è la ragione per cui fa cose strane: dice di discendere dagli indiani d’America e vuole rasarsi i capelli sulle tempie, per avere una cresta come gli Apache. Davanti a scuola si sfila le cuffie e cerca in mezzo ai bambini una chioma rosso fuoco. Quando la scorge, realizza che qualcuno sta strattonando Mattia per il giubbotto, poi lo spinge contro un’auto e infine lo trascina in un vicolo, seguito da un paio di coetanei. È arrivato per Flavio il momento di comportarsi da fratello maggiore con il piccolo. Si fa largo a spallate in mezzo a un gruppo di ragazzi e si avvicina a Mattia, che è diventato piccolo e fragile…

Antonio Lanzetta - scrittore salernitano la cui capacità di catturare l’attenzione del lettore e condurlo nei meandri più oscuri dell’esistenza, quelli in cui si annida il male, lo avvicina molto a Stephen King - torna una volta ancora a Castellaccio, nel Cilento, dove vivono Flavio e Damiano, già protagonisti de Il buio dentro, chiamati una volta ancora ad affrontare le conseguenze di antichi tormenti. Il romanzo è da considerarsi uno stand alone, ma mostra comunque un’evoluzione dei protagonisti, impegnati a confrontarsi nuovamente con le profonde cicatrici che un passato di morte e di sangue ha loro cucito addosso. Un crimine atroce costringe a rivivere vecchi incubi, a cercare collegamenti e a rovistare nel torbido, per portare alla luce nuove verità. E per farlo occorre tornare indietro nel tempo, a quegli anni Cinquanta del secolo scorso, segnati dalla guerra e dalle sue conseguenze. Sono gli anni in cui tutto ha avuto inizio; sono gli anni con i quali è necessario fare i conti, quelli con cui occorre riappacificarsi, per trovare davvero la spinta per andare avanti e costruire un possibile nuovo futuro. Con una scrittura potente, che sa tingersi di rosso sangue quando occorre, ma anche abbracciare toni più dolci, delicati e quasi lirici quando si tratta di raccontare gli abissi dell’animo, Lanzetta offre al lettore un thriller intrigante e mozzafiato, con una struttura magistralmente congegnata, in cui ogni nodo narrativo viene sviscerato e trova una soluzione adeguata e verosimile. Una vicenda che parla di follia e di violenza; un racconto in cui si viene spinti fin sull’orlo del baratro, il punto più pericoloso dell’esistenza, ma l’unico che permetta di guardare davvero oltre il buio, per scorgervi la svolta. Una storia che mostra una nuova forma di giustizia, quella cui ricorrere quando sembra di non avere strumenti sufficienti per sconfiggere il male, quella che mostra il precipizio, ma anche la strada da imboccare per la risalita.