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I fiori si bagnano il venerdì

I fiori si bagnano il venerdì

Korljevo, Bosnia, agosto 2002. Con la schiena appoggiata a un tronco d’albero, Jana dà un morso alla costina d’agnello, poi la ripone nel piatto di plastica e si lecca le dita. Lei a Korljevo non era mai stata, ma da un decennio a questa parte il piccolo paese in cui ora è in corso la Festa della rinascita è diventato parte integrante della sua vita. Al di là degli alberi che segnano i contorni dell’ampio spiazzo su cui si svolge la festa, svetta un minareto che a Jana pare un missile spaziale, uno di quelli che potrebbe condurla verso chissà quale pianeta lontano. La morsa del caldo, finalmente, si va spegnendo e qualche alito d’aria più fresca concede un po’ di sollievo dopo il caldo opprimente della giornata. Una voce maschile sorprende Jana alle spalle: sono parole in serbo-croato, lingua che lei comprende. Si tratta di un giovane: una ventina d’anni, capelli scuri e mossi e sguardo profondo, segnato da una indefinibile tristezza. Recita versi di poesia, poi si inginocchia davanti a Jana, le prende una mano e gliela bacia. Infine si accovaccia e si rivolge alla bambina che, accanto a Jana, sua madre, lo osserva accigliata. Il ragazzo saluta la piccola e si presenta. Quando si allontana, il suo nome accende una luce di consapevolezza nella mente di Jana: è Zlatko, il poeta in erba del campo profughi di Ceško, il ragazzino introverso e solitario che lei ha conosciuto a Trieste, macerato dai sensi di colpa per essere sopravvissuto al resto della famiglia, massacrata e inghiottita dall’orrore della guerra. I ricordi della donna vengono interrotti dal trambusto che la circonda e dall’eccitazione che si è creata sul palco, dove hanno cominciato a esibirsi cinque elementi di una band, che con il loro ritmo incalzante coinvolgono un pubblico festosamente agitato. La piccola Milena strattona la madre per la maglietta: vuole vedere chi si sta esibendo e vuole essere presa in braccio. Milena ha otto anni e Jana le fa notare che non è più un peso piuma. Tuttavia la solleva da terra e, insieme, rivolgono la loro attenzione al palco dove, Jana lo ha appena riconosciuto, il cantante altri non è che Adnan, ormai ventenne. Anche lui, da piccolo, era ospite nel campo di Ceško, in Slovenia...

Autore musicale, redattore, editor, cameriere, operaio alimentare, correttore di bozze, collaboratore di giornalismo satirico. Ecco alcune tra le professioni esercitate dall’autore di questo romanzo che, prendendo spunto da reali e tragici fatti storici, tratteggia i contorni di una situazione critica e difficile. Parliamo della guerra civile in Bosnia che, dal 1992 al 1995, causò un alto numero di morti, oltre che più di due milioni di profughi, molti dei quali rifugiati nella vicina Slovenia, nazione in cui vennero allestiti diversi campi volti ad arginare il flusso delle persone in fuga. Fondamentale fu poi il gemellaggio di tali campi profughi con diverse città italiane facenti parte di un progetto – Un sorriso per la Bosnia – volto a offrire un contributo concreto per affrontare un’emergenza di tale portata. Questa è la cornice reale attorno a cui Marzio Biancolino ha costruito la vicenda che vede protagonisti la giovane Jana, psicologa, e Massimo, volontario del gemellaggio che supporta uno dei tanti campi profughi in Slovenia. Una collaborazione professionale sfociata in un sentimento più profondo che si è tuttavia sgretolato fino a franare del tutto. L’occasione di un nuovo incontro, durante una festa per la rinascita, diventa motivo di profonda riflessione per entrambi, nonché gancio per consentire all’autore di analizzare nel profondo le dinamiche sottese allo stato d’animo sia dei profughi – individui che si ritrovano all’improvviso senza radici e senza affetti – sia dei volontari, costretti ad assistere a episodi carichi di odio e violenza. Una lettura intensa e davvero interessante, che analizza un momento estremamente critico dal punto di vista politico e sociale e permette, a chi queste realtà le ha lette sulle pagine dei quotidiani o viste attraverso uno schermo televisivo, di averne maggiore coscienza e di comprenderne l’enorme portata a livello umano.