
1998. È una sera d’ottobre, una di quelle giornate dell’autunno laziale in cui tutti corrono al mare per gli ultimi bagni. Il prof. Mauro Giovannetti, altrimenti detto “il Giova” (o “il Fabio Testi del Lucrezio”, per la sua somiglianza con il noto attore), non è un tipo da spiaggia: lui e la moglie Angela — professoressa di arte alle medie — sono stati a Roma a una mostra su Robert Capa, mentre Felix, il figlio minore, che frequenta il liceo classico — soprannominato “Piumino” fin dalla prima media, per la sua aria tenera, da pulcino, biondo e paffuto — è rimasto a casa a fare i compiti. La discussione, con i Giovannetti sempre piuttosto animata, si sposta dal messaggio trasmesso dalle foto di Capa, all’alternativa fra ordinare la pizza o mangiare quelle surgelate: la variabile è Perla — la figlia diciassettenne, “Perla-la-perla” per i brillanti risultati a scuola — che non è ancora rientrata. Quando rincasa, non è sola, con lei c’è James Tocci, il fidanzato, che di anni ne ha ventisei. Alto, non muscoloso ma slanciato, con le gambe lunghe, capelli castano ramato legati in una coda bassa, il pizzetto e gli occhi verdi; dita tozze, unghie piccole e mangiucchiate fin nella carne; denti orrendi, gialli di nicotina. È quello di cui tutti parlano, quello che tutti vogliono conoscere; quello che “da quando sta con lui non studia più come prima” (papà); quello che “l’ho intravisto, sembra Brad Pitt, anzi è ancora più bello” (zia Toni); quello che “è diventata troppo magra, troppo” (nonna); quello che “puoi portarlo a casa, mica lo mangiamo” (mamma). Quello che non ha origini inglesi, piuttosto qualche problema al pensiero di chiamarsi come Leopardi. Quello che ufficialmente non è iscritto a nessuna università, visto che gli manca anche il diploma, ma è alla ricerca del senso della vita. Quello che, secondo Mauro, potrebbe frequentare le scuole serali per recuperare gli anni persi... Perla, da quando frequenta il Tocci, non è più la stessa, ma quella sera Felix si rende conto di un cambiamento nella madre, come nel rapporto, da sempre esclusivo, fra la sorella e il padre. Si comincia forse a intravedere il piano inclinato lungo il quale la famiglia sta scivolando? Il tempo è passato e Felix ha a disposizione il riassunto della trama comodamente diviso in sequenze, eppure non riesce ancora a trovare una risposta a quel “perché” che gli risuona nella testa da quasi trent’anni...
Nell’emozionante romanzo di Silvia Dai Prà la percezione dell’imminente crisi e delle sue tragiche conseguenze viene consegnata al lettore da un punto di vista interno: è il figlio minore Felix a ricostruire — suddivise in quattro periodi, 1998, 2005, 2015 e 2023 — le vicende di una famiglia borghese apparentemente felice, privilegiata e, per certi versi fuori dall’ordinario, vista la popolarità del padre Mauro, professore di storia e filosofia, e della figlia maggiore, Perla, considerata da tutti un genio. La crisi che si abbatte sulle loro esistenze, in parte inaspettata e brutale, va ben oltre la ribellione e i turbamenti adolescenziali di una ragazza che sente su di sé il peso delle aspettative. L’innesco è rappresentato dalla comparsa di James Tocci, un ragazzo — e poi un uomo — violento, bugiardo e manipolatore, che rappresenta il male, ma il suo seme è da tempo presente sotto forma di tradimenti e pentimenti, rinunce, silenzi e ipocrisie. Nella sua narrazione, spesso rivolta direttamente a chi legge, Felix — il quale manterrà negli anni l’incapacità ad agire e a imporsi, rimanendo di fatto “Piumino” per sempre, il “figlio sbagliato”, facile preda di rimpianti e rimorsi — descrive l’impatto che un evento così drammatico come l’allontanamento di una figlia — non il semplice tentativo di emanciparsi e di autodeterminarsi — può avere, sulla sua famiglia e sui parenti più stretti. Mentre di norma ci si occupa delle conseguenze dei conflitti genitoriali sui figli, che pure in questo caso hanno gravi responsabilità, più raramente viene presa in considerazione la situazione opposta: “E quando lo vedevo così mi chiedevo: cosa può fare un figlio a un genitore? Perché è proprio lì, in quel momento in cui noi sentiamo più drammatica la nostra dipendenza, in cui ci sentiamo incompleti, piccoli, informi, è proprio in quel momento che si cela il nostro più grande potere: uccidere qualcuno senza un’arma, senza nemmeno una parola; uccidere qualcuno soltanto con una scelta”. Nella ricostruzione di una serie di intrecci di rapporti complessi, a volte sopraffatto dal dolore, dai sensi di colpa e dalla rabbia, altre, dalla tristezza e dalla rassegnazione, Felix si renderà conto che, in definitiva, il suo è solo il tentativo di capire l’incomprensibile. Perché i rapporti con le persone più importanti della nostra vita si riducono, alla fine dei conti, a una serie di cose non dette e di domande mai fatte.