
Grecia. Luglio 1972. È in quella calda estate che ha avuto la sua prima esperienza romanzesca. Sono passati trentatré anni, ma il ricordo riaffiora nitido: è nella sua terra natale, sta passeggiando sotto un filare di acacie. Il mese prima era in prigione, quattro anni di reclusione durante i quali ha potuto leggere molto e intensamente. Durante la prigionia (è stato dentro in quanto oppositore del regime dei Colonnelli) ha letto Lo scherzo di Kundera. L’ha letto in una notte, tutto d’un fiato. Ora che passeggia sotto le acacie, ripensa al protagonista de Lo scherzo, a Ludvìk, e riflette sulle diverse configurazioni e manifestazioni della Storia. D’un tratto, eccolo, il riso. Ma non si tratta di un vero e proprio riso. È più un sussulto interiore, “uno strano riso, inspiegabile”. Ad ogni modo, è in quel momento che inizia a prendere forma il saggio che ora sta scrivendo. Non è facile per lui chiarire in cosa consista quel riso. Sa che lo definirà romanzesco. Sa anche che, benché all’epoca non ne fosse consapevole, è stato proprio quel riso (assieme alla lettura del romanzo Pornografia di Gombrowicz) ad aver condizionato il resto della sua vita facendogli abbandonare la carriera di ingegnere per dedicarsi alla letteratura e alla critica letteraria. Forse, è arduo definire l’esperienza del riso romanzesco perché a monte è non semplice dare una definizione univoca di romanzo. Ma quindi cos’è il romanzo? Quando e perché nasce? Molta critica fa risalire le sue origini al Decameron di Boccaccio, altri all’Iliade e all’Odissea, colonne portanti del canone occidentale. Altri ancora ritengono che l’origine d’ogni forma romanzesca risieda nelle Etiopiche. No, secondo lui tutto nasce con le opere del francese Rabelais e con i suoi farseschi protagonisti: i giganti Gargantua e Pantagruel. Con l’opera di Rabelais va configurandosi un nuovo orizzonte, un diverso immaginario di riferimento e un nuovo modello di lettore…
Il corposo e ricco saggio del greco Lakis Proguidis I misteri del romanzo è un’indagine metaletteraria dal metodo di ricerca alquanto inusuale. Proguidis, infatti, procede alternando parti che ricordano le pagine di un journal intime, nel quale evoca episodi personali e dati autobiografici, a parti di natura più prettamente saggistica, talvolta corredate di schemi riepilogativi. Il testo, edito da Mimesis (casa editrice specializzata nella pubblicazione di saggistica di letteratura, scienze umane e filosofia), è strutturato in quattro macro sezioni, a loro volta suddivise in ulteriori capitoli. Nonostante l’impianto e la rigorosa organizzazione dei contenuti, seguire i collegamenti e le riflessioni del critico può risultare a tratti ostico per il lettore che non mastichi sufficienti nozioni di storia della letteratura. Le incursioni nelle quali Proguidis si addentra, per quanto affascinanti e illuminanti, appaiono assai specifiche e comprensibili perlopiù agli “addetti ai lavori”, quindi universitari, accademici, critici letterari. Ad ogni modo, se il lettore corrisponde a una delle tipologie precedentemente elencate, il saggio di Proguidis appare come un inedito excursus sulle origini del romanzo, sulle quali l’autore fa pesare l’influenza dell’opera di Rabelais, i misteri e la farsa d’epoca medievale. Approfondendo questi argomenti, Proguidis li rende fari sotto cui illuminare l’ancora misteriosa e ombrosa genesi della forma-romanzo. Un’utile chiave di lettura e di comprensione al saggio è l’introduzione di Simona Carretta - responsabile anche della curatela e della traduzione - nella quale presenta la carismatica figura di Proguidis, dei suoi Atelier du roman, circoli letterari organizzati presso l’Abbazia di Seuilly (nei territori della Valle della Loira che diede i natali a Rabelais), occasioni di ritrovo informale in cui i partecipanti sono soliti conversare di letteratura in totale libertà, intesa come “arte della relazione”.