
Anni Cinquanta. Ruben Blum è uno storico, ma non di storia ebraica come lascerebbe pensare il suo cognome o come sogghignando dicono i suoi colleghi. Ruben si occupa di storia economica americana alla Corbin University di Corbindale, nella rurale regione di Chautauqua, nello stato di New York. Al suo ingresso nel mondo accademico tutti gli argomenti inerenti alla storia sono occupati, quindi lui trova un campo nuovo, che oggi viene definito Studi sulla tassazione. Blum è solito inaugurare le sue lezioni con una citazione: “A questo mondo non c’è nulla di certo, tranne la morte e le tasse e le date in cui dovete consegnare le vostre prove scritte”. Figlio di genitori immigrati da Kiev e nato nel Bronx, Ruben ne ha fatta di strada. Vive con sua moglie Edith - che lavora alla biblioteca dell’università - e sua figlia Judith in una bella casetta. In quella landa campagnola le vessazioni contro gli ebrei sono meno aggressive che in città, sono più passive che attive, spesso limitate alle battute sulla tirchieria. Sono i primi ebrei di Corbindale e, secondo i cittadini, solo per questo dovrebbero sentirsi fortunati. Tollerati certo, ma non integrati nella vita sociale e accademica. Al massimo Ruben ha fatto la comparsa vestito da Babbo Natale per la festa del dipartimento di storia. Senza contare tutte le volte che i colleghi, scambiandolo per un commercialista, gli chiedono aiuto per le tasse. All’inizio del semestre invernale del 1959 una grossa tegola sta per cadere su Ruben Blum. Il capo del dipartimento, il dottor Morse, lo convoca nel suo ufficio. Il fatto è davvero strano: chiamato in udienza dal capo, lui che è quasi l’ultimo arrivato. Tagli di fondi? Licenziamento? Queste sono le domande che affollano la mente di Ruben. Dopo i convenevoli di rito, decisamente eccessivi, ecco che arriva la trappola. Blum deve entrare nella commissione giudicante per una nuova assunzione del dipartimento di storia. È un europeista, specializzato in storia medievale, nello specifico in quella ebraica. È un’assunzione imposta dall’alto e dovrebbe essere Ruben ad accogliere questo nuovo collega, come altri lo avevano fatto con lui. Sta per arrivare Ben-Zion Netanyahu con sua moglie Tzila e la loro prole turbolenta...
I Netanyahu: Dove si narra un episodio minore e in fin dei conti trascurabile della storia di una famiglia illustre di Joshua Cohen si è meritatamente aggiudicato il Premio Pulitzer per la narrativa 2022. Un libro impeccabile nel suo impianto generale, con una scrittura leggera e scorrevole. Ha il giusto mix di ironia e umorismo, il vero witz ebraico ed è sostenuto da profonde riflessioni. Lo scontro culturale tra Ruben - laico e completamente americanizzato - e Ben-Zion offre a Cohen lo spunto per raccontare un'America ancora profondamente esclusiva, lontana dal confronto sulle sue tante anime e identità. Il romanzo che mescola fatti realmente accaduti e fantasia, prende spunto da un episodio raccontato all’autore dal celebre critico Harold Bloom. Alla fine degli anni Cinquanta Bloom era un giovane professore universitario e dovette ospitare a Yale lo storico e sostenitore del revisionismo sionista Ben-Zion Netanyahu, con la moglie Tzila e i tre bambini. Ido, il minore, destinato a diventare medico e poi autore teatrale senza infamia e senza lode, che nel romanzo è in veste di ciclone col pannolino. Yonatan detto Yoni, il maggiore, che nel 1976 sarebbe morto a Entebbe diventando un martire dell’esercito israeliano. Benjamin detto Bibi, quello di mezzo, il più longevo, primo ministro della storia d’Israele e a tutt’oggi la figura politica più influente del Paese. Come le cronache degli ultimi travagliati anni della politica hanno dimostrato, se esiste in Israele un nucleo familiare vagamente paragonabile a un “clan”, questa è senza dubbio la famiglia Netanyahu. Benjamin detto “Bibi”, la moglie Sarah e, non da ultimo il maggiore dei loro figli, Yair. I Netanyahu, pur prendendosi il titolo del libro, arrivano sulla scena solo intorno alla metà di questo breve romanzo. Nella finzione letteraria Harold Bloom diventa un Ruben Blum, a cui tocca valutare il collega malgrado la sua specialità non abbia niente a che fare con l’Inquisizione spagnola. L’oscuro Ben-Zion Netanyahu è specializzato in storia ebraica del Medioevo e autore di un’opera monumentale e molto discussa sull’Inquisizione. Appena si addentra nelle ricerche su di lui, Blum si rende però conto che stonano con la versione della storia che conosce. Secondo lo studioso israeliano, l’Inquisizione spagnola non discenderebbe infatti dalla volontà di convertire gli ebrei, ma dal tragico destino del popolo ebraico, sempre votato alla sofferenza. Secondo Blum c’è poco di accademico in questa teoria. Malgrado ciò non riesce a staccarsene e si avvita in notti insonni che, per la prima volta, lo vedono riflettere su se stesso, sulla sua storia e sul significato del suo essere ebreo nell’America laica. A partire da una scheggia di verità, queste pagine suscitano interrogativi, quelli che segnano l’identità ebraica fra passato e presente, Israele, l’America e la diaspora, gettando luce nuova sull’attualità. Questo romanzo di Joshua Cohen è stato rifiutato da tutti i maggiori editori americani, alla fine è uscito con l’editore della “New York Review of Books”, noto soprattutto per i suoi classici. Il fatto è che Cohen, vincendo il Pulitzer, è scampato alla strana damnatio memoriae che la grande editoria aveva provato a infliggergli per essere colpevolmente innamorato della letteratura.