
Cinquanta pensieri. Cinquanta preghiere forse, abbracciate all’intimità della sera. Ciascuno spunto consono a quel precario bilancio della giornata, e a volte dell’esistenza, che spesso coincide con lo stato d’animo che si presenta con l’affacciarsi della notte. Solitudine e sconforto per alcuni, angoscia o incoscienza per altri, riflessione, paura o soddisfazione, a seconda dei momenti e delle circostanze. La sera è un momento sospeso, quasi una pausa, una statio. Un attimo in cui fermarsi e lasciar decantare le impressioni che magari abbiamo assorbito solo superficialmente durante la giornata o le giornate precedenti. Rabbia, agitazione, tristezza o facile esaltazione, possono trovare in questa fase i pensieri più appropriati, da elaborare nella loro collocazione più sommersa, o profonda, se vogliamo. Possono somigliare a una preghiera, e forse lo sono, consapevole o meno che sia. Bisognerebbe imparare da quei momenti ed abituarci a costellare anche la giornata di statio, di pause che non consentano alla vita di scorrerci addosso così, senza lasciare spazio a riflessioni che diano un senso all’esistenza. L’impulso ad elaborare e diffondere pensieri crepuscolari arriva ad Antonio Torresin, parroco di San Vito al Giambellino di Milano, quasi per caso. C’è il lockdown e, come ogni sera, Antonio recita la Compieta, l’ultima preghiera della sera, la preghiera nella quale la solitudine cerca sollievo nella comunicazione con Dio. Dalla terrazza vede un uomo sul sagrato, un sudamericano che prega davanti al cancello della chiesa. “Non sono solo”, pensa Antonio… Così si propone di intercettare tutte le preghiere che avvengono nel segreto della sera e condividere in qualche modo quei momenti nei quali ci si ferma. Magari per raccogliere i cocci della giornata…
Cinquanta capitoli brevissimi di due-tre pagine, ognuno dei quali imperniato su un tema: “La gioia”, “Fronteggiare Dio”, “Resistenza e resa”, “Felicità raggiunta”, “L’arte di perdere” e così via; una serie di analisi che spesso prendono spunto da una poesia, una biografia o un salmo, che poi è sempre poesia. Molto citati gli stralci del Diario di Etty Hillesum, la scrittrice olandese ebrea vittima dell’Olocausto, le poesie di Elisabeth Bishop, Marie Noël, Emily Dickenson, Montale e altri, arrivando fino a Mario Luzi, sia nel capitolo “Augurio”, sia in quello dedicato alla gioia con la poesia Il pensiero fluttuante della felicità, citando anche Spari, sempre di Luzi, riguardo al tema del “tenere alla larga l’amarezza”. L’autore attinge da fonti elevate e rende partecipe il lettore condividendo le sue considerazioni con semplicità. Troppa. Se da un lato è da apprezzare l’intento di Torresini di portare conforto (come vuole il suo ministero), dall’altro si avverte, anche se solo a tratti, un’eccessiva attitudine sicuramente inconscia e tutta cattolica di porsi benevolmente, ma ex Cathedra. Dando per scontata la predisposizione del lettore a recepire il pensiero apostolico romano. L’incedere talvolta da omelia somministrata nella certezza che i fedeli accolgano le esortazioni (“ora lascia, oh Signore…”), meriterebbe uno spazio più ampio per far accomodare la dialettica del dubbio e della critica. Da apprezzare comunque il pensiero, anzi, i pensieri. Quelli della notte.