
Giovanni, medico eccentrico e dalla vita complicata, ha un nipote (Matteo) che ha subito un terribile trauma. Vive in una sorta di mondo parallelo, perciò, amorosamente accudito proprio dallo zio medico e da una nonna segnata da tic maniacali e autentiche fissazioni. Sullo sfondo c’è una Venezia un poco inquietante. Ma soprattutto, c’è la cruda rappresentazione del dolore, con il quale Giovanni deve misurarsi quotidianamente tra le stanze dell’ospedale in cui lavora. Neppure la morte, in questa dimensione, sembra potere incrinare un cupo susseguirsi di vicende apparentemente banali. Anche l’imminente Natale non sembra portare particolari scossoni: c’è il solito problema di organizzare il pranzo in famiglia e di compare i giusti regali. Ma questa situazione cristallizzata nella sua stessa banale eccentricità sta per essere scossa. Avviene infatti che Giovanni si imbatte per caso in Viola, una giornalista squattrinata. E allora cambia tutto…
La narrazione procede in questo romanzo di Monique Pistolato seguendo ritmi blandi, con il gusto per il particolare, per la descrizione minuta, per i dialoghi condotti senza frettolosità. Le stesse note paesaggistiche presentano gli spazi con accurata precisione. Ma sono soprattutto le atmosfere quotidiane, anche quando sono segnate dal male, che è il connotato qualificante della civiltà delle macchine, a trasmettere al lettore il senso di un racconto nel quale addentrarsi con pazienza, e nel quale la definizione dei personaggi è realizzata passo dopo passo, senza strappi o brusche accelerazioni. Ameno fino a quando non riemerge un passato lacerante a lungo occultato. Insomma, al lettore si richiede il gusto per un racconto che, pur ambientato nella stretta attualità, è classico per stile e ritmi narrativi, e incentrato su scene che si susseguono lentamente una dopo l’altra a comporre un articolato puzzle esistenziale.