
Un rintocco di campana, due mani che si trovano per caso e, dal nulla, vi ritrovate quattrocento anni più avanti rispetto al vostro tempo. Incredibile, no? È esattamente quello che succede a Mirtilla, undicenne del 1577. Per una strana sincronia e qualche onda spazio-tempo decisamente sballata, si ritrova sbalzata nel 2018 in compagnia di una sua coetanea, Nina, nella città che le accomuna: Venezia. Mirtilla si sente smarrita e non riconosce quasi niente del paesaggio e delle abitudini a cui è abituata: le persone fissano in continuazione una strana tavoletta che sembra sapere tutto, Nina non fa che parlare con una certa Siri e tutto va veloce, forse fin troppo. Nelle 24 ore che Mirtilla passa nel futuro le due bambine si confidano, si raccontano a vicenda, tra flashback ai tempi del doge e della Serenissima e scoperte che turberanno non poco la piccola viaggiatrice nel tempo. Tra le due si crea uno strano legame, di cui, in realtà, fa parte in egual misura la città che le circonda. Venezia è la vera e propria protagonista, tra eventi storici e grandi cambiamenti, vista non solo attraverso gli occhi delle due bambine, ma anche di quelli del signor Sotuttomì, esperto della città e suo profondo ammiratore. Una fiaba che dura un giorno appena con una città che è mai solo sfondo, ma che spesso prevale su chi è parte integrante della storia, tra viaggi nel tempo e buffe scoperte…
L’amore per Venezia, per la sua storia e le sue difficoltà è il fil rouge di questo romanzo, ma spesso la passione non basta. Il libro ha un ritmo che fatica a decollare e nonostante l’accuratezza delle descrizioni – parola di una che Venezia non l’ha mai visitata – spesso si ha l’impressione di leggere una guida turistica. Avrei voluto vedere più azione o più introspezione dei due personaggi che, ahimè, restano appena accennati, senza dare al lettore l’opportunità di affezionarsi a loro. L’amicizia nascente tra le due bambine incuriosisce, ma, anche in questo caso, viene oscurata dalla presenza ingombrante di Venezia, del suo passato e del suo presente, che rende le due protagoniste un mero sfondo per una serie di curiosità sulla città – e non il contrario, come sarebbe stato lecito attendersi. La trama del romanzo di contro è avvincente e convince il fatto di collegare l’incontro tra le due bambine a un gesto scaramantico che avviene all’unisono, con quattrocento anni di differenza. L’importanza del luogo si comprende fin da subito, ma si trasforma ben presto in un’arma a doppio taglio: è bello leggere l’amore per una città, ma quando quel senso di appartenenza fa venir meno tutto il resto, forse sarebbe stato meglio cercare di ridimensionarlo un po’. In conclusione, un libro ben scritto e con descrizioni assolutamente vivide e precise, ma a cui manca quel quid in più: un approfondimento delle due protagoniste, un lasso temporale un po’ più lungo e una città che faccia più da sfondo, senza rubare la scena a nessuno.