
Aimé è tra centinaia a marciare, tra migliaia in altre marce forzate: i sopravvissuti, i cadaveri ambulanti, gli annientati. Magda Goebbels è alla Konzerthaus, all’ultimo ritrovo – solenne e ridicolo – dei gerarchi del regime che sta crollando. Aimé è stremato dalla fame, dalla sete, dalla fatica disumana; a nulla pensa, ma porta con sé un rotolo di lettere proveniente dal campo. Magda pensa molto, ricorda molto della sua vita, soprattutto di quel che vorrebbe cancellare dalla memoria; porta con sé delle capsule di veleno, come anche gli altri campioni del Reich che sono con lei. Aimé e gli altri ebrei sono costretti dai tedeschi a riunirsi in un capannone: viene cosparsa della benzina, viene appiccato il fuoco. Magda, volontariamente, si ritira nel bunker con i molti figli, il marito “megafono di Hitler”, il Fuhrer stesso. Mentre Berlino è invasa dall’Armata rossa, i capi del Reich vivono i propri ultimi giorni rinchiusi nel bunker, nel quale coltivano deliranti speranze di riscatto e preparano il proprio suicidio. Nelle campagne dell’est, gli eserciti tedeschi tentano di eliminare – col fuoco, con i fucili, con ogni mezzo – le tracce del massacro sistematico da loro operato su ebrei, zingari, asociali e altri. Tra questi sopravvissuti, alcuni si porteranno dietro un rotolo di lettere, resoconti della vita nel campo, prova della follia nazista, in una staffetta disperata di testimonianza…
Due storie corrono parallele, negli ultimi giorni del regime di Hitler: a Berlino ha luogo quella di Magda, moglie del ministro della propaganda, riunita con altri gerarchi per eliminare ogni traccia del regime, prima di cadere in mano sovietica; nelle periferie del territorio tedesco, avvengono gli ultimi massacri perpetrati dall’esercito nazista contro i reclusi dei campi. Una serie di lettere, scritte da un prigioniero di un campo e indirizzate a sua figlia Magda, fa da ponte tra le due storie. Sébastien Spitzer intreccia tra loro invenzione e fatti storici in un romanzo corale, nel quale i ricordi di una umanizzata Magda Goebbels si alternano ai disumani eventi occorsi ai sopravvissuti dai lager. Si intrecciano anche profondi spunti di riflessione sul ruolo della memoria e della testimonianza, affiancati alle realistiche, crude scene di guerra. È un romanzo a tinte fosche, questo, e la prosa – paratattica fino ad essere quasi asfissiante – rispecchia il clima pesante dei giorni di cui si tratta. La narrazione procede a fatica, quasi mimando il passo stremato dei “cadaveri ambulanti” sopravvissuti allo sterminio. Gli eventi, dai più banali ai più scandalosi, dai dettagli insignificanti a quelli più macabri, sono tutti presentati con la stessa piatta e amara rassegnazione con cui Magda Goebbels vive la fine del regime. Scelte, queste, che prediligono un certo tipo di resa letteraria all’agevolezza di lettura, che rendono questo primo romanzo di Spitzer – premiato al Prix Stanislas 2017 – un’opera per stomaci forti.