
A partire dal III secolo dopo Cristo nelle chiese bizantine viene introdotto il templon, una parete aperta che separa la navata (naos) dal santuario (bema), delimitata da colonne. Verso il IX secolo tra quelle colonne si iniziano ad esporre icone della Vergine e di Cristo, che dal XIV secolo vengono disposte in più piani con un preciso ordine. Questa esposizione di icone o iconòstasi è in sostanza lo sfondo su cui il celebrante del cristianesimo ortodosso consacra il pane e il vino durante la Messa. In basso, quindi più vicino ai fedeli, le icone “locali” di Cristo, della Vergine, dell’Arcangelo Michele e dei santi del luogo; più in alto san Giovanni Battista, la Vergine e i santi a destra e sinistra dell’icona centrale di Cristo; poi le icone delle dodici (in alcuni casi quattordici o sedici) grandi feste della liturgia bizantina (dodekaorton) e infine, più in alto ancora, le icone dei patriarchi e profeti con al centro la Trinità e la Vergine. Al centro dell’iconòstasi delle porte di legno (a loro volta dipinte come icone) attraverso cui passa il sacerdote durante la liturgia. Ma le icone non vivono solo all’interno degli edifici sacri: in particolari occasioni – non solo religiose, ma anche politiche e militari – alcune icone venivano e vengono portate in processione: “L’icona della Madre di Dio del Segno difese la popolazione di Novgorod dall’assalto che il principe di Suzdal’ Andrei Bogoljubskij sferrò contro la città nel 1170. (…) Il 26 agosto del 1395 una processione guidata dal metropolita Kiprian e dal principe Vasilij Dmitrievic si svolse intorno alle mura di Mosca portando l’effigie dell’immagine miracolosa della Madre di Dio di Vladimir. Quello stesso giorno Tamerlano ritirò il suo esercito dopo aver avuto la visione di una donna luminosa circondata da guerrieri armati”…
Non è ovviamente un caso che l’opposizione netta, intransigente e a tratti violenta verso le convenzioni, le ideologie, le credenze religiose e i principi morali dominanti venga definita “iconoclastia” (letteralmente rottura delle icone). Le icone infatti ricoprono un ruolo essenziale nel Cristianesimo in generale e nel mondo ortodosso in particolare. Difendere le icone voleva dire – per i cristiani dei primi secoli – difendere la fede stessa, come si spiega nell’introduzione del volume: “l’icona (dal greco eikon, immagine) è infatti il segno tangibile della presenza di Dio tra gli uomini. (…) Per questo la tradizione vuole che l’origine dell’icona sia divina, rivelata dall’alto come le Scritture”. Alfredo Tradigo, giornalista (“Avvenire”, “Osservatore Romano”) e critico d’arte (per Rusconi, Domus, Rizzoli e San Paolo) da sempre appassionato di icone – alle quali ha dedicato persino la sua tesi di laurea – in questo bellissimo volume di grande formato con oltre 400 pagine tutte illustrate a colori ci guida alla comprensione del ruolo di questi oggetti sacri nella religiosità e nella liturgia cristiane ortodosse e al tempo stesso ne analizza il valore artistico. Il risultato è un’opera davvero unica e preziosa, nella quale quasi tutte le icone presentate vengono commentate con note illuminanti e istruttive e inserite nel loro contento culturale e storico.