
S. ha scontato 18 anni di carcere per l’omicidio di Anni, la sua innamorata di un tempo. Quasi cinquantenne, torna a vivere nella sua casetta sull’isola, lontano da tutti, in un nuovo esilio stavolta spontaneo: dopo tanti anni di isolamento, non potrebbe affrontare il trambusto della metropoli. Ci torna solo, di tanto in tanto, per salutare il fratello, avvocato di grido. È stato proprio lui, tanti anni prima, a procurargli l’avvocato che, senza successo, lo ha assistito nella causa. Sì perché S. è innocente e sa bene di aver pagato per quasi metà della sua vita per una colpa non sua. Il suo desiderio di verità, però, non è così ardente e rimane anzi sopito fino a quando non conosce, su quella stessa isoletta, il vecchio Gagliardi, un tipo col nome Marigold tatuato dal sole sulla fronte. Strano personaggio, certo, ma con un cervello finissimo e l’assoluta certezza che si debbano fare i conti col passato. È per questo che sta dando la caccia a un terribile ex nazista, vecchio quanto lui: non ci può essere pace finché non c’è verità. Così anche S., quasi senza accorgersene, si ritrova nello studio del fratello a interrogare il suo ex difensore (molto sulla difensiva), alla ricerca di una falla nella documentazione, nello schema logico, nelle indagini. Qualcosa che possa dare la pace anche a lui…
Ci vogliono almeno due o tre pagine per abituarsi alla scrittura di Aloe, così frammentata e singhiozzante. Ci vuole un po’ per prendere il ritmo perché qualche volta pare che si spezzino i pensieri, con le frasi. Enea, poi, col padre Anchise sulle spalle, è una metafora un po’ dura da digerire. Eppure, superato il primo momentaneo disagio, la trama s’infittisce, i personaggi si completano, la suspense aumenta. Al punto che poi non si può smettere di leggere e la storia si divora, attraverso abili colpi di scena e rivolgimenti di fronte. Così, anche quello stile appuntito diventa funzionale a un progressivo svelamento dei caratteri dei protagonisti, Anni anzitutto, misteriosa e volubile, S., appassionato ma superficiale, il commissario, severo ma onesto e sopra tutti Gagliardi, figura geniale. Al di là degli aspetti investigativi, il vecchietto ci regala autentiche perle con la sua arguzia, la sua assoluta dedizione per la verità, il suo pragmatismo. Come a dire: pensare facendo, al bando le filosofie astruse da consumare in un ritiro spirituale, la giustizia si costruisce usando il cervello e anche tanto le mani. In una storia tanto dolorosa quanto bella, un invito a non darsi mai per vinti e a guardare con fiducia a tutto quello che possiamo concretamente fare per orientare il nostro futuro.