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Il bacio di Giuda

Il bacio di Giuda

Milano, 1945. In un Paese che si lecca le ferite dopo anni di devastazioni, la futura Sveva Casati Modignani riassapora il gusto di vivere in un mondo “denso di sorrisi, di luci, di musica”. Alla radio non trasmettono più le canzoni tristi della Marlene: nei cortili dei palazzi, ora, si balla il fox-trot. La guerra è finita e l’Italia si prepara a rinascere dalle ceneri. Ma nella casa di Sveva una guerra ostinata si combatte ancora tra la nonna e la mamma. Perennemente in conflitto tra loro, le donne covano entrambe un rancore sordo verso il mondo, che non le ossequia come dovrebbe: a parte la bisnonna, Antonia Varisco, i vivi sono tutti dei Giuda Iscariota; solo i morti si salvano dal terribile giudizio, specie se non li si è mai conosciuti in vita. “Povera bambina, come madre ti è capitata una pazza!” è la sconfortata considerazione della nonna dopo una delle tante liti con quella figlia che non riesce ad abbracciare la piccola Sveva: baci, coccole e tenerezze non fanno parte del bagaglio di quella donna, vittima inconsapevole di un perbenismo che la rende troppo severa verso la bambina, colpevole di non incarnare l’ideale di fanciulla ossequiosa e ubbidiente, ma di essere piuttosto la ribelle di famiglia. L’amore e la tenerezza paterna donano a Sveva le conferme necessarie a crescere forte e fiera di sé, allentando un po’ quel freddo ostinato e penetrante dentro e fuori le mura domestiche. Perché il freddo, appunto, in quel primo dopoguerra, è il nemico più feroce…

Sveva Casati Modignani si rituffa nei ricordi del passato, per raccontare, attraverso una storia privata, un pezzo di storia che appartiene a tutti; è l’Italia degli anni della Ricostruzione, dal 1945 al ’50, che fa da sfondo alla narrazione della piccola Sveva e Milano è il paradigma di un Paese che ce la mette tutta per risollevarsi. Lungo tutto il racconto – costellato dalle tante storie di una quotidianità difficile da immaginare per chi quegli anni non li ha vissuti – lucida e priva di giudizi è l’analisi del difficile rapporto madre-figlia, dipinto con i tratti di un conflitto, doloroso eppur necessario, quasi come un travaglio per partorire infine, una donna. Scritto sull’onda delle richieste dei nipoti Lapo e Luna, il romanzo racconta la storia che non sta nei libri di storia, gli aneddoti e i dettagli che consentono di tracciare quel periodo storico con i colori e gli odori propri del tempo: anche la narrativa, infatti, può rappresentare una fonte storica degna di nota e in ciò risiede il valore aggiunto del libro.