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Il bambino che disegnava le ombre

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21 dicembre 1943. Il cadavere del dottor Sigismund Braun viene ritrovato all'interno del suo studio, nel campo di concentramento di Auschwitz. L’uomo ha un pezzo di mela incastrato in gola. Si pensa ad un incidente, ma viene comunque chiamato a indagare il criminologo Hugo Fischer da Berlino, tedesco, ariano come la vittima, malato di sclerosi multipla e dipendente dalla morfina. Fischer non simpatizza con il Reich, segreto che tiene accuratamente nascosto. Braun si trovava nel blocco in cui il genetista Josef Mengele conduce esperimenti sui gemelli. È stato Gioele a trovare il corpo, un bambino ebreo di origine italiana. È il fratello gemello di Gabriele, internato come lui al Blocco 10. Dotato di una mente acuta e con un grande talento nel disegno, riuscendo a trasportare sulla carta una realtà ricca di dettagli preziosi. Giole, dopo il ritrovamento del cadavere, ha tratteggiato alla perfezione la scena del delitto grazie alla sua incredibile memoria fotografica. “… si sedette davanti a lui a gambe incrociate, si leccò le labbra e poggiò sulle ginocchia il blocco da disegno. Anche se gli sembrava di buttare giù fuoco ogni volta che provava a deglutire, e a dispetto delle mani che tremavano, si mise a disegnare. Non poteva esistere un disegno più bello di quello di Herr Doktor Braun morto…”. Proprio su tali disegni, Fisher basa la sua indagine. Gioele promette di aiutarlo con le indagini a patto che faccia in modo di farlo ricongiungere con la sua famiglia. Nel frattempo, Fischer scopre che tra le SS si nascondono dei sovversivi che lavorano nel buio per salvare vite. Proprio questa sarà la chiave per risolvere il caso…

Penna elegante e struttura solida, Oriana Ramunno ambienta la sua indagine in un vero girone infernale. Fisher è un protagonista con il quale è facile entrare in empatia. Il lettore prova le sue stesse identiche sensazioni di rabbia, di impotenza, di incredulità. Man mano che il criminologo Fisher prende coscienza della follia straripante di Auschwitz comprende pure quanto il male si sia insinuato nella mente di un popolo plagiato e totalmente devoto: “Una macchina infernale costruita anno dopo anno con ingranaggi minuscoli, che erano passati inosservati e che ora non potevano essere rimossi”. L’indagine storica è accurata, precisa, in grado di trasportare il lettore all’orrore dei campi di sterminio. Altrettanto preciso è il meccanismo del giallo, scrittura ritmata, suspence e un susseguirsi di colpi di scena impediscono di chiudere il libro fino all’imprevedibile finale. Un thriller storico che non si limita a raccontare una storia, Il bambino che disegnava le ombre è un romanzo che ci mostra la Storia, anche nella sua veste ufficiosa. Quella in grado di parlare al cuore. Grande prova letteraria.