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Il bambino scambiato

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È quasi assopito sulla brandina militare nel suo studio quando la moglie Chikashi gli dà la terribile notizia: il suo amico fraterno nonché cognato Gorō si è tolto la vita lanciandosi da un edificio. Lo shock è forte ma a Kogito sembra che il legame con il suo più caro amico sia ancora reale. Poco prima di suicidarsi, infatti, Gorō gli aveva inviato decine di audiocassette in cui ripercorreva, raccontando in prima persona, i vari avvenimenti che avevano costellato le loro vite dal momento in cui si erano conosciuti una quarantina di anni prima. Kogito trascorre le proprie nottate ascoltando i nastri, anzi “vivendoli”, interrompendo la riproduzione e rispondendo all’amico, come una telefonata tra due mondi resa possibile da un vecchio mangianastri. Inizia così un viaggio sempre più profondo nei propri ricordi, anche quelli che avrebbe voluto dimenticare. Ma ad un certo punto le “chiacchierate” notturne tra i due assorbono completamente Kogito, che sembra aver perso ogni contatto con la realtà. Chikashi decide quindi di esternare al marito la propria preoccupazione: Kogito acconsente pertanto a trascorrere un periodo di “quarantena” a Berlino, dove era stato invitato a tenere delle lezioni all’università. Ma anche qui si imbatte nel nome di Gorō: vi fa cenno una donna di origini giapponesi che sostiene di averlo conosciuto quando si era recato in Germania per una retrospettiva sui suoi film e di aver concordato la realizzazione di una nuova pellicola. Forse Gorō aveva trovato il coraggio di togliere il velo da “quella cosa” accaduta quando erano giovani e che lo aveva profondamente cambiato?

Questo romanzo, che l’autore premio Nobel per la Letteratura ha definito il più importante della sua produzione, scorre avanti e indietro nel tempo ripercorrendo la vita, i pensieri e i sentimenti dei due protagonisti, ai quali a mano a mano si affiancano altre figure, come quella di Chikashi, moglie di Kogito e sorella di Gorō, Akari, il figlio di Kogito e Chikashi genio della musica nonostante la disabilità, le persone incontrate negli anni della loro formazione. Il tutto calato nella storia passata e recente del Giappone, dalle idee nazionaliste al rapporto complicato con gli Stati Uniti, dalle difficoltà degli esordi come scrittore e attore/regista ai detrattori, dai successi ottenuti al rendersi conto di aver ormai imboccato il viale del tramonto… Come capita spesso nei lavori di Kenzaburō Ōe, anche questo romanzo ha forti note autobiografiche e proprio cercando di tenere le fila delle varie scene che si susseguono tra loro, spesso riprodotte sin nei minimi particolari, ci si trova di fronte alle domande che prima o poi ci si pone nella vita: sono riuscito a diventare la persona che mi ero ripromesso di essere? Ho dato il giusto valore alle cose e a chi ha camminato con me anche solo per parte del mio percorso? Riesco ad accettare il dolore di non poter cambiare cosa è stato? Ma soprattutto: ho il coraggio di guardare al futuro, unico luogo di cambiamento? Con la sua prosa ricca e al contempo lenta, Kenzaburō Ōe non fornisce risposte, ma ci ricorda come sia necessario fermarsi e guardarsi indietro prima di poter ripartire.