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Il bambino scomparso

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Luigi è un bambino felice. Quando arriva l’ora di andare a letto, corre veloce portando due libri con sé. Ascolta musica dalla sua piccola radio e la sua mamma gli racconta storie bellissime. Vive a Roma, ma quando i bombardamenti si fanno insostenibili decidono di trasferirsi a Trieste da nonna Rosa, profuga fiumana. La mamma rientra a Roma e Luigi rimane con lei, l’unica persona che conosce in città. Nel giugno del 1944 le persecuzioni contro gli ebrei hanno un’impennata, fascisti e nazisti non danno tregua e irrompono a casa loro. La nonna viene arrestata e Luigi dichiara che è un ariano di religione cattolica, come la sua mamma. I soldati dicono che potrà aspettare a casa e che la nonna sarebbe tornata presto. Non ci crede e decide di seguirla, finiranno reclusi a San Sabba, almeno sono insieme. Luigi non ha neanche compiuto dodici anni quando il primo luglio del 1944, il treno partito da Trieste, raggiunge la Neuerampe, la banchina dove vengono scaricati gli ebrei, all’interno del Lager di Auschwitz-Birkenau. Inizia in quel momento il suo cammino per la sopravvivenza…

Frediano Sessi, studioso e profondo conoscitore della Shoah, con Il bambino scomparso porta alla luce la storia di Luigi Ferri. Dai colloqui intercorsi fra loro, scaturisce il racconto di quel bambino, che ha vissuto nel lager ed è tornato alla libertà. La scelta del silenzio fatta nel 1945 dal dodicenne Luigi, dopo aver testimoniato davanti alla Commissione investigativa polacca per i crimini perpetrati ad Auschwitz, ci restituisce oggi una storia potente, una memoria intatta non intaccata da conoscenze acquisite negli anni o da esposizioni mediatiche. Dopo settantacinque anni, il novantenne Ferri apre il forziere dei suoi vividi ricordi a Sessi, spiegando il perché del suo silenzio. Non voleva avere più niente a che fare con chi lo aveva conosciuto a Birkenau: troppo doloroso e tentare di dimenticare è stata la sola condizione per tornare a vivere. Questa storia ritrovata prende l’avvio da una ricerca di Frediano Sessi sugli italiani che rimasero nell’infermeria di Auschwitz dopo la liberazione del 27 gennaio 1945. Oltre Primo Levi, trova in alcuni documenti la presenza di questo bambino e anche quella di un medico austriaco Otto Wolken. Otto si prese cura di Luigi come e più di un figlio, proteggendolo per quanto poteva, evitandogli così la camera a gas e seguendolo anche dopo la liberazione. È il vero eroe di questa storia. Un uomo con uno spiccato senso della giustizia ed è grazie al suo registro, aggiornato di nascosto, che i terribili fatti accaduti nella quarantena maschile ci sono noti. Nel 1967 Ferri e Wolken tornano ad Auschwitz per l’inaugurazione del primo monumento alle vittime della Shoah. È solo nel gennaio 2021 che Sessi trova Ferri e riceve la sua testimonianza a patto che non sveli la sua attuale identità e dove vive. Nell’uomo di oggi vive il bambino di allora, nulla è stato dimenticato per lui è anche difficile da spiegare e far capire. Luigi è l’unico dei venticinque italiani sopravvissuti di età inferiore ai quindici anni di cui non si è più saputo nulla, anche se nelle pubblicazioni ufficiali del Museo di Auschwitz, il nome di Luigi Ferri è quello più citato dopo quello di Primo Levi. Per Frediano Sessi questo libro non serve ad aggiungere una voce in più alle testimonianze già acquisite, serve per riflettere sul silenzio di Luigi e degli altri che non hanno raccontato. Serve per comprendere quanto è profondo il trauma per le singole vittime. Serve al lettore che, facendo silenzio, può cercare di capire.