
Antonio Magnano è un bellissimo uomo che affascina tutte le donne che incontra. Ma è un Narciso che ha un grave difetto, tanto più terribile nell’Italia fascista, ipnotizzata dal mito della virilità: è impotente. O meglio, non riesce ad abbinare l’attrazione fisica all’amore platonico. Il romanzo scorre quindi lungo due binari paralleli: alla vicenda pubblica (la storia dell’Italia fascista), si affianca infatti quella privata di Antonio. Il suo matrimonio con Barbara Puglisi, un vero e proprio evento nella sonnolenta Catania borghese, fallisce proprio a causa della sua impotenza. Contemporaneamente, l’entrata in guerra dell’Italia si risolve in una catastrofe. Nella Catania sensuale e ipocrita, in cui agisce il personaggio, sfilano attorno a lui diverse figure grottesche, simbolo di una nazione che si avvia allo sfacelo bellico a causa delle scelte del regime fascista. Quest’ultimo è incarnato soprattutto nel rozzo gerarca Calderara, che esibisce la sua sfrenata libidine in un bordello catanese. La degradazione di questa classe sociale collusa col regime ha dunque in Antonio Mangano la sua espressione più acuta: egli gode in città della fama di dongiovanni impenitente. Ma si tratta soltanto di una maschera destinata a cadere ben presto e a trascinare nel fango della vergogna l’anziano padre Alfio, incapace di accettare la condizione del figlio…
Il romanzo di Vitaliano Brancati è in realtà un’opera polifonica e policentrica, nel senso che in esso agiscono come in un grande palcoscenico, e in una dimensione corale, una folla di personaggi e situazioni rappresentati con impeccabile acume. In tal modo i temi caratteristici della narrativa brancatiana vi trovano la più piena espressione. Il testo è formalmente equilibrato, grazie ad una prosa costruita con nitore classico, tra intermezzi lirici, serrate descrizioni d’ambienti e personaggi, raffinate analisi psicologiche. Lo sfondo ambientale è, non a caso, malinconicamente crepuscolare, talvolta notturno. Catania appare, come l’Italia, soffocata da un cielo pesante per lo scirocco; chiusa nelle anguste vie del centro, mentre nel mondo matura la tragedia bellica. Ma i potenti, nell’eterno ritorno del trasformismo italico, restano sempre al loro posto. Sempre pronti a salire sul carro del vincitore. E tutto questo si verifica con la compiacenza della Chiesa, che negli snodi storici nazionali si schiera anch’essa sempre a fianco dei vincitori di turno (i Puglisi).