
Nel buio nero della notte, una figura rossa e incappucciata avanza verso una casa. Anche il profilo, il tetto, le finestre della casa sono rosse. Su uno sfondo di tronchi d’albero e di scorza, la sagoma di un lupo. Intorno a lui la notte diventa bluastra, rossa, di nuovo nera e fosca. La sagoma del lupo, da bianca diventata rossa, si interseca con un’altra sagoma, sempre lupesca, dalla trama di fiori. Poco distante, il profilo di una bambina. Altri animali corrono nel bosco: cervi e uccelli tra i tanti fiori. Nel bosco c’è buio e c’è luce, lungo il bosco corre un sentiero. Nel bosco ci sono occhi, nasi, denti, orecchie… Uomini che imbracciano fucili. Il bosco diventa un profilo scuro, visto da lontano, tutto ciò che c’è dentro si muove rapidamente, freneticamente. Il profilo lontano del bosco sembra riflettersi su una distesa chiara, come un lago. Ancora sagome e volti: gli animali, la casa, la bambina, il bosco…
Come ne Il più piccolo di sette, la rilettura di una fiaba come silent book restituisce a una storia ormai arcinota la capacità di generare emozioni profonde e associazioni molteplici. Mantenendo lo stesso formato orizzontale e la rilegatura in filo Singer rosso, Kite Edizioni sembra voler dare unità a questa piccola serie di fiabe riscritte esclusivamente attraverso l’illustrazione. Più enigmatico del precedente, Il bosco, la ragazza e il lupo ripropone la storia di Cappuccetto Rosso rinunciando non solo alle parole ma anche a una definita linea narrativa. La storia rimane più aperta, fatta di intersezioni e incontri, diverse letture e interpretazioni possibili. Ai tre colori più ancestrali (nero, bianco e rosso) si aggiunge un tocco di blu, il rosa di un incarnato. Lo stesso rosso, con la sua fortissima simbologia, non caratterizza un solo personaggio: è il colore della bambina, ma diventa il profilo del lupo; evoca il sacrificio del cervo e della lepre e conferisce una certa ambiguità al ruolo (salvifico?) dei cacciatori. Trova ampio spazio la contrapposizione tra l’umano e l’animale, il domestico e il selvatico. La natura è ritratta tanto nel suo aspetto generativo, idealizzato e bucolico, quanto in quello più ferino e crudele della caccia. Le creature diventano preda e il predatore, a sua volta, cacciato, in una circolarità che non permette di distinguere buoni e cattivi ma che riconduce le diverse relazioni a un’alternanza di ruoli nel sistema complesso che è la vita.