
Il vicequestore Gigi Berté sta passeggiando per le vie di Lungariva in cui si tiene il mercato. La luce del sole, che filtra attraverso le tende di una bancarella, illumina un volto. Si tratta di un viso che Berté conosce molto bene e che, in quel momento, non dovrebbe trovarsi lì. Gigi dapprima si blocca, poi si lancia all’inseguimento di quell’immagine che per una frazione di secondo gli si è impressa sulla retina e lo ha catapultato nel passato. Ma dell’uomo nessuna traccia, come se davvero si trattasse di un fantasma venuto da un tempo ormai finito. Berté chiede a destra e a sinistra, interroga venditori e passanti, ma nulla. Forse soffre di allucinazioni, in quella domenica d’agosto in cui il Covid, in confronto all’uomo che gli è appena parso di vedere, sarebbe un problema marginale. Sì, forse ha visto qualcuno che assomiglia a quel delinquente di Beato Angelico e la somiglianza, appunto, ha provocato in lui quella reazione un po’ troppo impulsiva. Berté riprende a camminare con maggiore calma lungo la banchina del porto. Si è alzata la brezza e parecchie barche a vela sono uscite in mare. All’improvviso una donna gli sbarra il passo. Berté riconosce immediatamente in lei la signora, di cui non ricorda il nome, che ha conosciuto nella libreria di Lungariva alla presentazione di un libro e che poi ha nuovamente incontrato a Villa Dunielli, in occasione di un concerto di musica classica al quale Marzia, la sua compagna, lo aveva trascinato. Si tratta di una donna di classe alta e abbronzata, dagli occhi chiari e il viso regolare che, dopo avergli ricordato che il suo nome è Marinella Solari, lo invita a fare un giro in barca: i suoi amici sono ad assistere a un matrimonio a Taormina, mentre suo marito si trova in viaggio di lavoro a San Paolo del Brasile. La barca a vela di Marinella è un Oceanis 30.1 e porta il nome Antigone ben in vista sullo specchio di poppa...
Gigi Berté, vicequestore milanese di origine calabrese e di stanza in un’amena località del Tigullio, vive la sua dodicesima avventura nell’estate del 2020, momento in cui gli italiani pensano - erroneamente, ma ancora non lo sanno - che l’incubo della pandemia sia ormai alle spalle e assaporano quindi una sorta di libertà riacquisita: rispettano le regole del distanziamento ora sì e ora no, indossano le mascherine solo quando lo ritengono necessario e frequentano con disinvoltura le località turistiche, come la città di mare Lungariva, ove Berté risiede da tempo. La Liguria, insomma, sta cercando di tornare alla normalità e anche la pensione di Marzia, la dolce compagna del vicecommissario con i capelli brizzolati raccolti in una lunga coda, registra un meraviglioso tutto esaurito. Un’estate con il botto, quindi. E non solo in senso metaforico. Un’esplosione vera e propria, infatti, mette a repentaglio la vita di Berté, oltre a provocare il serio ferimento di un’amica e la morte di un curioso personaggio del luogo, un bugiardo patologico con la fama da gran seduttore, indebitato con mezzo mondo e divenuto improvvisamente ricco come Creso, senza che nessuno riesca a conoscere la vera origine di tale improvvisa fortuna. Ad aggiungere legna al fuoco, poi, c’è la presenza di un famoso bombarolo che è stato visto bazzicare per le strade di Lungariva appena prima dell’esplosione. Una bella gatta da pelare, quindi, per il personaggio frutto della fantasia delle sorelle Elena e Michela Martignoni - che si nascondono dietro lo pseudonimo di Emilio Martini - che, una volta ancora, regalano al lettore una storia intricata e complessa in cui i sospetti, come una pallina da ping-pong, rimbalzano ora su un soggetto e ora sull’altro. Troppi sono gli alibi e troppi i moventi di un rompicapo che solo Berté, con l’intuito e la caparbietà che da sempre lo contraddistinguono, può risolvere. Una scrittura elegante capace di complicare la trama al punto giusto, di seminare indizi e divagazioni in grado di rendere il racconto ancora più autentico e di creare un intreccio che, come per le precedenti vicende della serie, incuriosisce e avvince.