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Il buon informatore

Il buon informatore

Noia o denaro. John Glass non saprebbe dire quale dei due sia stata la spinta decisiva verso l’ultimo incarico. Glass è un giornalista dal pedigree importante, uno che all’apparenza potrebbe scrivere dove vuole e di quello che vuole. Ma la realtà sotto la patina argentata racconta una storia diversa. La sua carriera, la sua intera vita, è in declino. Adagiato su allori professionali sempre meno freschi, un matrimonio vuoto che tenta di colmare con una relazione extra coniugale dal sapore stantio, Glass è alla ricerca di stimoli che lo facciano sentire di nuovo vivo. Per questo accetta di scrivere la biografia del suocero, William Mulholland, grande imprenditore nel settore delle telecomunicazioni, detto Big Bill non solo per la stazza quanto per l’ingombrante passato e il voluminoso presente. Ricco, risoluto, egotico. Narcisista come tutti i self-made men. L’incarico è di certo prestigioso, ma non privo di rischi. Prima di tutto per la palese violazione di una regola aurea: mai mischiare gli affari con la famiglia. E poi perchè Mulholland è tra le altre cose un ex agente della CIA, e di conseguenza gran parte del suo passato è coperto da tonnellate di classified che può essere rischioso decriptare. Glass decide di avvalersi di un collaboratore, l’ambiguo Dylan Riley, al quale assegna il compito di reperire informazioni, di scavare nel passato del suocero per procurargli materiale da buttare dentro al libro. Ma le cose non vanno come previsto. Poco dopo aver accettato il lavoro, Riley viene trovato morto, freddato da un colpo di pistola proprio in mezzo ad un occhio. Un omicidio che sembra recare con sé un messaggio. Glass - l’ultima voce che Riley sente al telefono prima di finire al creatore - dovrà condurre un’indagine parallela a quella delle forze dell’ordine per sfuggire alle pesanti ombre che si addensano sul suo capo, e risalire così alla verità che tutti vogliono tenere taciuta...

Romanzo con tutti gli ingredienti del noir americano classico, questo Il buon informatore di John Banville. Ambientazione nella Grande Mela, inconfessabili segreti di famiglia, donne con un passato da nascondere, investigatori privati dall’ambigua morale e soprattutto omicidi e una buona dose di violenza. Tuttavia l’incedere è più lento rispetto ai canoni, l’azione è relegata a una minima parte del meccanismo narrativo che per il resto è ampiamente dominato dalle riflessioni del protagonista, il giornalista John Glass, attraverso i cui occhi assistiamo al dipanarsi della vicenda. Ne viene fuori un romanzo gradevole anche se in certi momenti ripetitivo (specie nelle speculazioni del disorientato protagonista sulla possibile ricostruzione delle vicende che portano al delitto), e questa lentezza a volte lascia andare via il lettore anziché tenerselo stretto come nelle care vecchie storie in bianco e nero. Così si arriva al finale rivelatore in cui tutto si spiega, tutto si ricollega, tutto si confessa, ma la sensazione è quella di aver perso qualche pezzo per strada.