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Il caso Karmàl

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Afghanistan. Le truppe straniere sono sul punto di lasciare il Paese. Si sussurra abbiano stretto un accordo con i Taliban. Il Capo è preoccupato: in alcuni villaggi rurali del Gulistan, nel territorio ancora controllato dagli italiani, sembra siano scomparse delle ragazze. Addirittura un centinaio, si dice, soprattutto seconde e terze mogli: giovani che cercano di mettersi alle spalle una vita che somiglia più a quella di bestie da soma (“tanta fatica, poco cibo e nessuna medicina se stanno male; e botte se si lamentano. Quando scappano la legge consente ai loro mariti di riprendersele”) che a quella di esseri umani. Il Capo è sicuro che qualcuno le stia aiutando: deve essere uno che ha conoscenza dei luoghi, e che mette in testa alle donne idee bislacche di libertà; qualcuno in grado di assicurare loro i mezzi per la fuga, i nascondigli, la protezione necessaria. Lo ha soprannominato il Mercante. Non sarà semplice indagare senza insospettire gli italiani, scovare questo misterioso personaggio e consegnarlo ai Taliban per ingraziarseli in vista dell’imminente cambio di regime. Ma l’indagine sembra essere nata sotto una buona stella: Base Snow, il piccolo avamposto militare italiano in Gulistan, è stato appena attaccato a colpi di mortaio. C’è stata una sola vittima: una ragazza afghana, una contadina che lavorava nelle cucine. Non uccisa dalle bombe, ma, sembra, morta di paura. Attacco cardiaco. Per il Capo è la copertura ideale per spedire laggiù Alì Zayd, poliziotto e suo uomo di fiducia, a fare domande…

“Tutti noi immaginiamo cose che non esistono […] C’è chi lo fa perché si illude e mente a se stesso, nega la realtà o ci si adatta, e così non la cambierà mai. E c’è chi usa il potere dei sogni, e in ognuno vede la pagina del progetto di un mondo nuovo. Vuoi essere il secondo tipo di persona? TI servirà l’istruzione, ti servirà la cultura. […] I libri, tesoro. […] I libri fanno la differenza fra un sognatore e un illuso”. Maurizio Maggi, torinese, classe 1956, saggista, già autore de L’enigma dei ghiacci e de La coda del diavolo, si è occupato a lungo di musei ed ecomusei nell’ambito di uno dei principali istituti di ricerche economiche e sociali della sua regione d’origine, attività che gli ha permesso di entrare in contatto con culture, popolazioni, tradizioni anche molto lontane. Non a caso, dunque, tra gli elementi di maggior pregio di questo romanzo, spiccano l’ambientazione originale, una trama costruita sulla base di una conoscenza solida, mai ostentata, dei luoghi, dei costumi, della storia dell’Afghanistan, martoriato paese, terra dai forti contrasti, da secoli scenario di giochi politici tra imperi prima, tra superpotenze poi; luogo di diritti conquistati e perduti, di violenze indicibili consumate a scapito della popolazione inerme. La scrittura piana e incisiva trascina il lettore nel percorso di progressivo disvelamento della figura di Nadia, la vittima, che avviene in concomitanza alla definizione del travagliato percorso di riscatto di Alì Zayd - l’io narrante - poliziotto afghano invischiato per necessità nelle onnipresenti trame di corruzione, antieroe in equilibrio precario tra rassegnazione e spinta al cambiamento. Tratto da L’avamposto, racconto che nel 2012 è valso all’autore la vincita del XXXIV MystFest (Premio Gran Giallo Città di Cattolica), e, nel 2014, la finale della XXVII edizione del Premio Calvino, come riportato nei “Ringraziamenti” finali (ove viene sottolineato il ruolo cruciale nel processo di trasformazione dello scritto delle attiviste di RAWA - Revolutionary Association of the Women of Afghanistan, impegnate sin da prima dell’occupazione sovietica nell’opera di contrasto ai fondamentalisti), Il caso Karmàl è dedicato - con rabbia e delicatezza - alla memoria di Nadia Anjuman, venticinquenne “picchiata a sangue dal marito per aver letto in pubblico una poesia d’amore”, e, a ben leggere tra le righe, a tutte le donne afghane vessate, invisibili, eppure indomite nella loro difficile, disperata riconquista delle libertà perdute.

LEGGI L’INTERVISTA A MAURIZIO MAGGI