
È il 1990. E loro sono lì, per le strade della metropoli. Sono lupi che vanno a caccia di notte, muovendosi in branco - anche se la formazione è ridotta - cacciatori clandestini di muri e superfici, bombardieri impietosi che si spostano nel tentacolare labirinto dello spazio cittadino, guardinghi, calzando silenziose scarpe da ginnastica. Giovani, molto. E agili. Uno alto, l’altro basso. Indossano jeans e felpe nere per mimetizzarsi nel buio; quando si spostano, nei loro zainetti macchiati di pittura tintinna l’equipaggiamento di bombolette. Il più anziano dei due ha sedici anni. Si conoscono da due settimane: si sono visti, riconosciuti e piaciuti. È successo tutto in metro. D’altronde già gli zainetti e l’aspetto sono un simbolo, un segnale. Hanno cominciato a guardarsi di sottecchi: poi uno dei due ha fatto col dito sul finestrino il gesto di dipingere qualcosa. Di scrivere su un muro, su una macchina, sulla saracinesca di un negozio. Sono diventati amici di fretta, cercando insieme spazi liberi o pezzi di altri su muri saturi, fabbriche abbandonate in periferia e strutture ferroviarie, aggirandosi con le loro bombolette fin quando vigilanti o poliziotti non li mettono in fuga. Plebei, semplice fanteria. Il gradino più basso della loro tribù urbana. Paria di una società individualista e singolare in cui si sale di grado soltanto per meriti conquistati da soli o in piccoli gruppi, imponendo ciascuno il proprio nome di battaglia con impegno e costanza, moltiplicandolo all’infinito in tutti gli angoli della città…
Sniper. In francese guetteur. In italiano cecchino, più o meno. D’altronde, tradurre è sempre un po’ tradire. Le guetteur è un film del duemiladodici di Michele Placido, un onesto polar con Luca Argentero, Mathieu Kassovitz, Daniel Auteuil e Olivier Gourmet. American sniper è l’ultimo di Clint Eastwood. Non è Mystic river, né Million dollar baby, né il sublime Gran Torino, ma è comunque molto buono. Anche perché Clint Eastwood probabilmente fa molto buoni (degni di un vernissage al Moma, se tanto mi dà tanto) pure gli scarabocchi mentre è al telefono in attesa che l’operatore del servizio clienti gli risponda. Ammesso che Clint Eastwood scarabocchi mentre è al telefono e soprattutto sia mai stato lasciato in attesa. Io non lo farei. Comunque, nel romanzo di Pérez-Reverte il cecchino non sta sui tetti, anche se sovrasta tutti gli uomini e le donne, e non è armato di un fucile a pompa, ma può fare ugualmente assai male. È il fato. E non ha fretta. Il cecchino paziente è un viaggio in un sottobosco illegale governato da leggi che ricordano per austerità, mutatis mutandis, le regole di un monastero: il mondo dei graffiti, una caccia all’uomo palpitante e affascinante in giro per mezza Europa, con un ritmo serrato e una descrizione talmente vivida degli ambienti e dei personaggi, particolarmente riusciti, soprattutto Alejandra Varela detta Lex, a cui, dopo aver perso la compagna, è rimasto solo il lavoro, da far sembrare al lettore di essere non solo direttamente coinvolto, ma proprio di fronte a un muro. Con una bomboletta in mano.
Sniper. In francese guetteur. In italiano cecchino, più o meno. D’altronde, tradurre è sempre un po’ tradire. Le guetteur è un film del duemiladodici di Michele Placido, un onesto polar con Luca Argentero, Mathieu Kassovitz, Daniel Auteuil e Olivier Gourmet. American sniper è l’ultimo di Clint Eastwood. Non è Mystic river, né Million dollar baby, né il sublime Gran Torino, ma è comunque molto buono. Anche perché Clint Eastwood probabilmente fa molto buoni (degni di un vernissage al Moma, se tanto mi dà tanto) pure gli scarabocchi mentre è al telefono in attesa che l’operatore del servizio clienti gli risponda. Ammesso che Clint Eastwood scarabocchi mentre è al telefono e soprattutto sia mai stato lasciato in attesa. Io non lo farei. Comunque, nel romanzo di Pérez-Reverte il cecchino non sta sui tetti, anche se sovrasta tutti gli uomini e le donne, e non è armato di un fucile a pompa, ma può fare ugualmente assai male. È il fato. E non ha fretta. Il cecchino paziente è un viaggio in un sottobosco illegale governato da leggi che ricordano per austerità, mutatis mutandis, le regole di un monastero: il mondo dei graffiti, una caccia all’uomo palpitante e affascinante in giro per mezza Europa, con un ritmo serrato e una descrizione talmente vivida degli ambienti e dei personaggi, particolarmente riusciti, soprattutto Alejandra Varela detta Lex, a cui, dopo aver perso la compagna, è rimasto solo il lavoro, da far sembrare al lettore di essere non solo direttamente coinvolto, ma proprio di fronte a un muro. Con una bomboletta in mano.