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Il cinico non è adatto a questo mestiere

Il cinico non è adatto a questo mestiere

Scrivere e raccontare la storia dal basso: sembra facile, ma richiede tante qualità. La prima è la capacità di sacrificarsi: raccontare una storia non ha tempi prestabiliti, non è un lavoro che ammette pause, non c’è un momento in cui possiamo dirci di essere “arrivati”, ma è una ricerca incessante di domande a cui dare risposte. Per questo bisogna essere buoni ed empatici, bisogna avere predisposizione all’ascolto e la pazienza di ricostruire tutti i fatterelli, verificarli, smontarli e rimetterli in ordine finché non tornano. Bisogna ascoltare tutti, giovani ed anziani, sempre. Questo ci porta alla seconda qualità: avere sempre fame di nozioni, approfondire sempre tutto. Rispetto ad altri mestieri, quello del giornalista e dello storico non consiste nel gestire una serie di nozioni imparate all’università, ma cercare sempre nuove risposte, nuovi indizi, nuovi metodi di raccogliere, decifrare ed organizzare notizie. La terza qualità è di tipo professionale: il giornalismo implica la pazienza di costruirsi una carriera non per il semplice gusto di arricchirsi. Non si può avere fretta, in un mondo che ha comunque una struttura feudale, ma si deve avere l’umiltà di costruirsi la propria credibilità tassello dopo tassello. Con la convinzione che non siamo noi a scegliere le storie che vogliamo raccontare, ma sono loro a scegliere noi: dobbiamo essere bravi e saperle ascoltare...

Il volume curato da Maria Nadotti raccoglie 3 interventi del giornalista e storico polacco Ryszard Kapuściński, avvenuti fra il 1994 ed il 1999 in occasione di convegni e incontri internazionali sul giornalismo. Sicuramente interessante la chiacchierata con Andrea Semplici sull’Africa e in particolare Etiopia e Congo, continente e Paesi ai quali lo storico polacco dedicò diversi studi e monografie. Ma sono programmaticamente determinanti l’intervista con la stessa Nadotti sul senso del giornalismo (tenuto in occasione del convegno del “Redattore sociale” intitolato “Di razza e di classe”) e lo scambio di riflessioni con il poeta, fotografo e saggista inglese John Berger, autore del libro About looking (tradotto fra gli altri proprio da Nadotti col titolo Del guardare) avuto in occasione del convegno “Vedere, capire, raccontare: letteratura e giornalismo alla fine di un secolo” organizzato a Milano dalla rivista “Linea d’ombra”: dallo scambio fra Berger e Kapuściński si arriva alla teorizzazione della narrazione come capacità creativa di concentrarsi e focalizzare l’attenzione sui particolari. Consideratosi come un seguace della École des Annales, Kapuściński pratica una ricerca della verità storica dal basso, con l’abnegazione di chi rifugge idee preconcette e pregiudizi di ogni sorta e si dedica piuttosto all’ascolto, alla scoperta, all’apprendimento permanente. Il libro non ha una sua età o scadenza: il magistero di Kapuściński resta un passaggio obbligato per chi aspira a fare il giornalista e lo storico, ma più in generale per chi decide che la verità, anche quella universale, vada perseguita giorno per giorno in un continuo dialogo - critico e ermeneutico - con i particolari secondari, quelli che i più considerano insignificanti.