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Il club

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Bassa Sassonia, una casa di arenaria nei pressi del bosco di Deister. Un tempo era la casa del guardaboschi, poi vi si erano trasferiti gli Stichler. L’uomo aveva piantato un ciliegio dietro la casa, la donna, nonostante il cancro ai polmoni, aveva dato alla luce il piccolo Hans. Nei primissimi ricordi di quest’ultimo c’è proprio la madre che gli corre incontro a piedi nudi nel giardino – un vestito di lino giallo, una catenina d’oro rosso al collo. Una volta, ricorda Hans, lo aveva portato nel bosco, di notte, mano nella mano. L’aveva fatto perché Hans non avesse più paura. Ora la donna è morta, portata via da una puntura d’ape. Anche il padre di Hans è morto, travolto da un camion durante una trasferta. Stava portando il figlio a boxare nel Brandeburgo. Era stato lui una sera, dopo che alcuni compagni di scuola avevano inseguito Hans per pestarlo, a mettere accanto al ragazzo due guantoni in pelle nera perché imparasse a difendersi. Quella sera gli aveva detto anche che “nella vita delle volte era tutto grigio, ma che a volte c’era soltanto giusto o sbagliato, e che quando i più forti facevano del male a uno più debole, quello era sbagliato”. Rimasto orfano, Hans è affidato alla tutela della zia Alex, la sorellastra inglese della madre. Una donna minuta, taciturna e un po’ “scombinata”. La zia lo manda a studiare in un collegio di gesuiti. Lì Hans cresce, diligente nello studio e nella lettura. È un ragazzo solitario, non ha amici, solo padre Gerald, il cuoco sudanese, con il quale continua a boxare nelle cantine. Finché, prossimo alla maturità, Alex lo convoca a Cambridge, dove insegna Storia dell’Arte. Vuole che il nipote studi nella prestigiosa Università inglese sotto falso nome e che si introduca nel “Pitt Club”, plurisecolare ed esclusiva associazione del campus, per fare luce su un crimine…

Pubblicato per la prima volta nel 2017, Il club è l’esordio narrativo del tedesco Takis Würger, classe 1985, giornalista d’inchiesta per “Der Spiegel” e premiato corrispondente di guerra nel Medioriente. Un romanzo di formazione che sfuma in nuances thriller piuttosto atipiche. Il ritmo della storia è difatti pacato e quasi riflessivo e l’indagine che l’ignaro Hans è chiamato a svolgere si gioca su un susseguirsi di sottilissime inquietudini e tensioni. Non per questo il romanzo risulta meno spietato nei contenuti: il segreto che si cela dietro i costosi completi e le esclusive cene dell’elitario “Pitt Club” è una storia di omertà, violenza e di abusi – una storia che può ben ricordare tristi pagine di cronaca odierna. Brevi i capitoli che Würger affida alla narrazione in prima persona di pochi personaggi, figure problematiche, avvinte in sofferenze mai sanate, convinzioni distorte, desideri di vendetta covati a tal punto da divenire tossici. Il ruolo di spia improvvisata del taciturno Hans Stichler va di pari passo con la sua crescita, nello sport – riferimenti alla boxe sono sempre presenti, spesso legati a tematiche più ampie: alla ricerca di un’identità, al coraggio, alla giustizia – e nella vita. Il tutto calato in un mondo che lo stesso autore ha potuto sperimentare in prima persona. Würger ha infatti studiato Storia delle Idee a Cambridge e ha combattuto nella categoria pesi massimi per il Cambridge Amateur Boxing Club. Lo stile del romanzo è diretto, paratattico, la prosa elegante, asciutta, senza eccessi. Una scelta di apparente semplicità che tende talvolta ad appiattire i toni del romanzo, ma che d’altro canto risulta in una narrazione agile, abbastanza intrigante da indurre il lettore a voltare rapidamente pagina per scoprirne le conclusioni.