
Holly, Julia, Becca e Selena sono quattro amiche adolescenti e stanno per cominciare la loro avventura, tutte insieme, al collegio St. Kilda. Dormono tutte nella stessa stanza e ancora prima di metterci piede si litigano i letti sotto la finestra. La loro convivenza si gioca tutta tra lo studio e il difendersi reciprocamente da un altro gruppo di quattro ragazze, per niente simpatiche, capeggiate da Joanne, assolutamente una vera e propria tiranna che tiene sotto scacco anche le sue amiche Gemma, Orla e Alison. Passa il tempo e le ragazze sono ormai arrivate al quarto anno. A turbare la vita apparentemente tranquilla del collegio arriva un omicidio, quello di Chris, Christopher Harper, sedici anni, appartenente al collegio maschile “a una strada e due alti muri di cinta di distanza”, ma sempre pronto ad avvicinare le ragazze (a volte anche più di una contemporaneamente). Qualcuno gli spacca la testa con una zappa e viene subito indagato il giardiniere, anche perché trovato in possesso di droga. Il caso è affidato ad Antoinette Conway, bellissima donna, sveglia, ma non ben vista alla Omicidi, forse perché la prima volta che hanno tentato di molestarla goliardicamente per poco non ha spezzato un dito del collega che ci ha provato. A distanza di tanti mesi Conway non è ancora arrivata a una soluzione, all’identificazione del colpevole. È una mattina, appena arrivato al lavoro, che Stephen Moran (detective nel dipartimento “Casi freddi”) trova Holly ad attenderlo. Lei è la figlia del detective Frank Mackey della squadra degli infiltrati e conosce Moran da tempo. È venuta a portargli una foto, lasciata anonimamente nella bacheca della scuola e indirizzata a lei “Holly Mackey, IV L, studi di Coscienza sociale”. È la foto di Chris Harper, ma quello che è più inquietante è la scritta (con caratteri ritagliati): “Io so chi l’ha ucciso”...
Ci sono tutti, non manca nessuno dei detective del Dublin Castle, almeno tutti quelli che hanno animato i precedenti romanzi della French: il sovrintendente O'Kelly e Michael Kennedy (Il rifugio), Frank Mackey (La somiglianza), Conway e Moran (L’intruso). Questa sorpresa da parte dell’autrice ci regala un senso di familiarità con i personaggi e ci si comincia a fare un’idea dei dipartimenti della Polizia di Dublino nella loro completezza. Di contro li troviamo tutti un po’ diversi da come ce li ricordavamo, ma probabilmente per la situazione che si ritrovano a vivere, come, ad esempio, Mackey direttamente coinvolto per via della figlia. Lo svolgimento dei fatti e la soluzione del caso, questa volta, appaiono un po’ troppo articolati, troppo lunghi e per quasi tutte le oltre quattrocentocinquanta pagine si gira come trottole intorno a una serie di personaggi che si rimpallano accuse e pettegolezzi: insomma la complessità che caratterizza tutti i polizieschi della French questa volta è esasperata ed esasperante. Resta comunque il piacere della lettura, dell’intreccio e gli aspetti psicologici, qui estremamente importanti e mai lasciati a caso. Ad esempio le sfide continue tra le ragazze delle opposte “squadre”, ma anche la difesa, senza soluzione di continuità, tra quelle di uno stesso schieramento. E, con uno sguardo ai detective, anche la difficoltà per una bella donna come Antoinette Conway di lavorare e farsi strada nel dipartimento senza destare sospetti di “passaggi di letto” o, soprattutto, senza dover sottostare alle molestie di colleghi un po’ troppo superficiali, quasi dovesse pagare lo scotto di essere una donna e di aver scelto una professione che nell’immaginario collettivo è solo per “uomini duri”.