
Fast Eddie è tornato, ma il mondo del biliardo non è più quello di una volta e il giro delle scommesse clandestine ormai è chiuso definitivamente. E così per Eddie – a cinquant’anni suonati, con un matrimonio andato a monte alle spalle e una sala da biliardo finita in liquidazione per pagare gli alimenti all’ex-moglie – non resta che un ultimo azzardo: rintracciare Minnesota Fats, a più di vent’anni di distanza dall’ultima memorabile sfida. La proposta avanzata da un piccolo produttore televisivo è davvero bizzarra, quasi inaccettabile, per ottocento dollari a tappa Eddie e Fats gireranno gli States tra inaugurazioni di centri commerciali, rivendite d’automobili e aeroporti, sfidandosi a biliardo – l’unica cosa di cui ancora sono capaci – con la speranza che l’emittente ABC compri le loro riprese, in modo da riuscire ad arrotondare sullo scarno budget offerto per il tour. Minnesota Fats non sa se ridere di fronte alla proposta o lasciar perdere all’istante, ma all’improvviso si rende conto che quell’idiozia rappresenta l’ultima chance per Eddie e così, in nome della vecchia amicizia che li lega, finisce per accettare. Dopo le prime sfide Eddie si rende subito conto che l’entusiasmo del pubblico nei confronti del tour è vicino allo zero e che con ogni probabilità nessuna emittente sarà mai interessata ai nastri delle loro riprese, tantomeno la prestigiosa ABC. Ma come se non bastasse, il problema per Eddie è soprattutto un altro: ormai è una rammollita schiappa che non riesce nemmeno a vedere le palle dall’altra parte del tavolo, figuriamoci infilarne 125 di fila come ai bei vecchi tempi e battere così quell’asso di Minnesota Fats che – nonostante i suoi settant’anni e i parecchi chili di troppo – si muove agile come un criceto attorno alle sponde. Eppure un semplice paio di occhiali, insieme ai consigli di Fats e all’incontro con la dolce Arabella, sembrano un buon inizio per far sì che le cose lentamente migliorino...
Venticinque anni dividono il memorabile esordio di Tevis con Lo spaccone dal suo Il colore dei soldi che, oltre ad essere il capitolo conclusivo delle vicende che vedono come protagonista Fast Eddie Felson, rappresenta purtroppo il canto del cigno dell’autore, che incontrerà la morte per crisi cardiaca a New York il 9 agosto 1984, a sole due settimane di distanza dalla pubblicazione del suo ultimo libro. Ed è forse questa la più grande beffa che quel mistero intricato della vita riserva per Tevis, il quale – proprio ne Il colore dei soldi – rimprovera Fast Eddie con la frase: “Te ne sei rimasto seduto sul tuo talento per vent’anni”, critica che Tevis rivolge soprattutto a se stesso. Ripercorrendo la carriera letteraria dell’autore scopriamo infatti che, dopo gli esordi col botto de Lo spaccone e L’uomo che cadde sulla terra, vent’anni di silenzio e alcolismo segneranno l’indubbia capacità letteraria di Tevis, una stupenda dote personale che riscoprirà solo nel lontano 1980 con Solo il mimo canta al limitare del bosco e che tenterà in ogni modo di riscattare con una maratona di cinque romanzi in meno di cinque anni, quasi come se il peso della coscienza da un lato, e la stanchezza della malattia e dell’alcolismo dall’altro, spingessero Tevis a recuperare in fretta il tempo andato, conscio forse della poca sabbia rimasta nella propria clessidra. Come valutare allora Il colore dei soldi? Al di là di tutte queste considerazioni, il libro è soprattutto la straordinaria rappresentazione di una risalita verso la vita, come se l’autore suggerisse l’idea che non è mai troppo tardi per rimettere insieme i pezzi e ricominciare anche quando le cose vanno storte, una sfida perfettamente esemplificata dall’epopea di Fast Eddie Felson. Per dovere di cronaca – ma non senza qualche riserva – segnaliamo che, come nel caso de Lo spaccone, anche questa volta il libro sarà trasposto nel 1986 in un film diretto da Martin Scorsese, che vede nuovamente Paul Newman indossare i panni di Fast, ma in questo caso la produzione cinematografica si discosta pienamente e volontariamente dal testo originale.