
È da un po’ che Greta si sveglia prima dell’alba: si aggira a caccia di immagini inconsuete per le vie ancora deserte di Roma, con la sua videocamera a 360 gradi che riprende, in contemporanea, in tutte le direzioni, per il progetto di un documentario, “RomA360”. La mattina del 4 agosto però, nell’inquadratura alle sue spalle, sono finiti quei due, avvinti in una lotta silenziosa e forse mortale: il biondo, con un coltello dalla lunga lama, e Farid Akram, sotto di lui, sdraiato sulla schiena. Lei lo ha riconosciuto subito, nonostante siano trascorsi dieci anni da quando lo ha visto l’ultima volta: Farid è stato il primo ragazzo che ha amato, ai tempi del liceo. Poi i due contendenti sono scivolati fuori campo, dietro un furgone parcheggiato. Quando è tornata sui suoi passi non ha trovato tracce della colluttazione, ma ha incrociato la donna con il volto coperto dal niqab nero, con quell’inconfondibile neo accanto alla palpebra sinistra: Anissa, la sorella di Farid. Ha amato anche lei, nello stesso periodo. “Al liceo, i tre ragazzi si erano lasciati travolgere da una passione adolescenziale densa di sensualità, segreti, lacrime e gelosie. Erano stati amori differenti. Farid e Greta si erano mostrati alla luce del Sole [...] L’amore tra Greta e Anissa, invece, era stato improvviso e imprevisto [...] La situazione era precipitata quando le due ragazze erano state scoperte da un bidello nello sgabuzzino”. Il preside le aveva sospese. I due fratelli avevano cambiato scuola, e lei non aveva più ricevuto loro notizie, trovandosi a fronteggiare una spaventosa sensazione di vuoto interiore. Anissa adesso è di nuovo davanti a lei: Greta le mostra le immagini riprese dalla telecamera. Le due si mettono in cerca di Farid, finendo con il rinvenire, accanto ad un cassonetto, il corpo del biondo. Greta riprende tutto. Sa che, se andasse dalla polizia, potrebbe mettere nei guai Farid: il video lo designa come principale indiziato per quella morte violenta. Decide quindi di mostrare le sequenze catturate dalla videocamera a Rossella Gardini, la regista che la sta preparando all’esame di ammissione al centro di cinematografia, con cui ha vissuto una burrascosa storia terminata da poco, ma con cui è riuscita a mantenere un rapporto affettuoso e amichevole...
“Aveva la sensazione di dare un senso a ciò che vedeva solo quando lo incorniciava in un’immagine. Si serviva delle linee e dei colori che trovava nel paesaggio, sceglieva le simmetrie dei cornicioni, le colonnine, le file di finestre, i comignoli, le antenne, l’apparizione di una donna o un uomo diritti accanto al muro di un palazzo all’angolo tra due strade. Fare un’inquadratura voleva dire ritagliare un frammento ordinato nell’universo caotico che la circondava”. Paolo Restuccia è conduttore radiofonico e regista del programma “Il ruggito del coniglio”, in onda su Radio 2, fondatore della scuola di scrittura creativa “Genius”, saggista, già autore di racconti e dei romanzi Io sono Kurt e La strategia del tango. Costruito su due piani temporali destinati a convergere nel finale, Il colore del tuo sangue - sin dalla scelta della copertina, che, pur facendo riferimento ad una delle sequenze descritte nel libro, sembra voler richiamare i film exploitation in voga negli anni ’70 - è un esplicito omaggio a quella formidabile macchina delle illusioni che è il cinema. Greta Scacchi, giovane e inquieta film-maker, si ritrova ad essere il perno attorno a cui ruota un intricato caso di duplice omicidio che vede coinvolte, a vario titolo, tre persone amate nel corso di una vita sentimentale tanto confusa quanto intensa. Tra figure ambigue e ombre di sperimentazioni cliniche forse destinate alla creazione di strumenti di sterminio etnico, condotte da entità oscure, la protagonista si ritrova a vagare in un labirinto di specchi in cui è in gioco molto più della sua libertà. La trama è sorretta da un buon ritmo narrativo, che rischia però di esser spezzato dai continui, più o meno velati riferimenti a pellicole mai esplicitamente citate (l’autore vi riserva un capitolo-appendice in coda al testo), neppure nel caso di film ormai parte dell’immaginario comune. Una scelta che appare dissonante con la caratterizzazione di un personaggio come Greta, che intende dedicare la propria vita alle riprese e alla cinematografia, e che rischia di sfociare nell’esercizio letterario: “Farid sembrava il protagonista di un film che le aveva mostrato Rossella: una storia di abiti bianchi, bombette nere e ultraviolenza, gli mancava solo l’occhio truccato con i raggi neri come un Sole cattivo”. Anche chi non abbia mai visto il capolavoro di Stanley Kubrick tratto dal romanzo di Anthony Burgess non potrà non associare la descrizione all’immagine iconica di Malcolm McDowell. Oppure: “...aveva appena indossato il casco giallo con gli occhioni neri disegnati sopra la visiera, cosa che lo rendeva simile a uno di quei pupazzi gialli criminali, con gli occhialoni, che Greta aveva visto in un film”; alzi la mano chi non conosce i Minions, i simpaticissimi aiutanti di Gru, nelle serie di lungometraggi di animazione Cattivissimo me - e relativi spin-off proprio a loro dedicati. Consigliato a cinefili ed amanti del thriller.