
Su Dracula di Bram Stoker circolano le dicerie più incredibili: che sia il libro più stampato dopo la Bibbia (falso), per esempio. Oppure – voce messa in giro addirittura da Howard P. Lovecraft – che il manoscritto nei primi anni Novanta dell’Ottocento fosse stato proposto per una revisione a una certa signora Miniter, che lo aveva giudicato “un enorme pasticcio” e aveva chiesto per il lavoro una cifra ritenuta troppo elevata da Stoker, che quindi presumibilmente si rivolse ad altri (di cui non sappiamo nulla) per l’editing. C’è poi il “mistero” dei capitoli perduti: soltanto nel 1984 si è saputo dell’esistenza di un dattiloscritto originale (530 pagine, titolo originale The Un-Dead) fittamente annotato dall’autore in possesso del libraio John McLaughin e poi venduto ad un’asta nel 2002 a Paul G. Allen, co-fondatore di Microsoft. Ebbene, da un’analisi del dattiloscritto si capisce che per arrivare alla versione che conosciamo del romanzo sono state eliminate 102 pagine: cosa contenevano? Verosimilmente la vicenda che è poi diventata il racconto L’ospite di Dracula, preceduta da una serie di lettere del Conte Wampyr (era infatti questo il nome di lavorazione del personaggio) all’avvocato Abraham Aaronson (che cambierà successivamente nome in Peter Hawkins e assumerà anche caratteristiche molto diverse, più bonarie). L’inviato in Transilvania (originariamente Stiria) Jonathan Harker inviava a Londra diversi aggiornamenti dalle tappe del suo viaggio che sono poi stati eliminati dalla stesura finale: per esempio a Monaco visitava un Leichenhaus, cioè un obitorio dove il pubblico poteva osservare i corpi in attesa di essere tumulati “per prevenire ogni possibilità di sepoltura prematura” e qui aveva la visione macabra di quello che sembrava un non-morto. Ma Stoker probabilmente si rese conto che l’inserimento di eventi soprannaturali durante il viaggio di Harker avrebbe attenuato, se non addirittura disinnescato, l’efficacia narrativa dell’arrivo in Transilvania e dell’incontro con Dracula e quindi “spostò in avanti l’orrore”. Tra le note appuntate ai margini del manoscritto, ci sono anche degli elenchi di personaggi: nel primo ne figurano numerosi che poi nel romanzo non appaiono, come un imprenditore di pompe funebri, “un suo collaboratore e relativa fidanzata”, due servi inglesi del Conte (tra i quali una donna muta), un poliziotto e un professore di filosofia (due figure probabilmente unite in quella di Abraham Van Helsing)…
L’innovativa, imperdibile collana Odoya de I Classici Pop si arricchisce con Il Conte Incubo, il primo dei due volumi dedicati all’immortale (o forse sarebbe più corretto dire “non morto”?) romanzo di Bram Stoker da Franco Pezzini. L’imponente progetto editoriale è una diretta derivazione di “TuttoDracula”, un ciclo di seminari organizzato dalla Libera Università dell’Immaginario in collaborazione con l’Associazione Culturale Verba... Manent nel 2012, nel centenario della morte di Stoker. Si tratta a prima vista – come nei lavori dedicati da pezzini a L’asino d’oro, Satyricon e Frankenstein – di una sorta di full immersion in Dracula, che viene ripercorso frase per frase analizzando minutamente il testo ma soprattutto (con la cifra stilistica tipica di Pezzini, che del resto dà il nome alla collana) attingendo ad ogni aspetto della cultura pop e mainstream, anche con l’ausilio di box informativi e immagini. Sarebbe già molto, ma c’è di più: perché il romanzo di Bram Stoker ha avuto una stesura molto articolata e ha una storia editoriale ricca di retroscena editi e inediti, che per alcuni aspetti somiglia quasi ad un giallo non privo di colpi di scena, come la “scoperta” delle versioni alternative svedesi e islandesi del libro. Spiega Pezzini in una recente intervista: “Alcuni capitoli trattengono traccia “geologica” di fasi di scrittura precedenti: la cosa emerge con particolare evidenza, per esempio, attraverso alcune clamorose incongruenze di calendario. Nel Dracula, insomma, sono nascosti molti Dracula. (…) È una specie di opera-mondo, dentro c’è tutta l’età vittoriana – dalle minuzie ai grandi paradigmi – e già qualche prefigurazione dei secoli successivi: e mi ha affascinato lavorare anche su tutto ciò che resta implicito, sotto testo ma riconoscibile dai lettori di Stoker – e assai meno oggi”. Il risultato di questo lavoro è un vero e proprio almanacco di meraviglie e sorprese, imperdibile per ogni appassionato di vampiri ma anche per chi è affascinato dall’età vittoriana, dalla sua estetica e dalla sua cultura. Ed è solo il primo volume!