Salta al contenuto principale

Il cuore non ha confini

ilcuorenonhaconfini

La casa di Maurice o Moritz Reincke è a due passi dal mare. La figlia Joëlle si aggira per quelle stanze, ancora incredula che lui si sia sparato. La nipote, Nina Zimmermann, sta cercando il cibo per il gatto, mentre ripensa ad appena un giorno prima, quando alle 9.33 il suo telefono squilla e con un prefisso 0039 capisce subito che la chiamata giunge dall’Italia. È l’avvocato Catalano di Palermo, il notaio del nonno e le chiede di presentarsi a Palermo. Il nonno è morto il giorno prima e sul testamento che gli è stato affidato Nina risulta essere un’erede. La giovane chiama subito la zia Joëlle a Parigi e scopre che sa già tutto perché avvisata dallo stesso avv. Catalano. La mette a parte che Maurice si è suicidato, anche se lei non ci crede, per quel poco o tanto che sa di suo padre. Lei e Nina lo stanno cercando da tempo e, ironia della sorte, lui sapeva tutto delle due donne, indirizzi e numeri di telefono compresi. Così Nina avvisa il museo dove lavora e prende il primo volo disponibile Berlino - Roma - Palermo. Pensa, Nina, a come si possa dire addio a una persona che non c’è mai stata, il padre che sua madre non ha mai conosciuto. Ripensa anche a tutte le storie su di lui, quelle “leggende” che lo vogliono mai tornato dalla Seconda Guerra Mondiale, come diceva sua nonna, o disperso nel deserto. Non c’è, è l’essenza di una assenza che però si fa sempre sentire e anche prepotentemente, in tutto l’arco della vita di Nina. Un uomo misterioso con due nomi, Maurice e Moritz e forse tre vite, anzi, sicuramente tre vite: una nella famiglia di Nina, una in quella di Joëlle e un’altra di cui nessuno sa nulla...

Si potrebbero usare le stesse parole che ha usato Daniel Speck per tutta l’odissea degli ebrei: da Auschwitz a Gerusalemme. Un lungo calvario che non è finito con la Seconda Guerra Mondiale, ma che nel ’48 proseguiva ancora in altri territori, con i conseguenti carichi di sopraffazione, perdita, odio, fino agli attentati, alle Olimpiadi di Monaco, ai dirottamenti aerei e oltre. Ed è questo a fare da sfondo a un altro pezzo della storia di Moritz Reincke, cominciata nel romanzo precedente di Speck, Piccola Sicilia, che ora, si scopre, ha avuto un’altra donna e un altro figlio, ma le cui storie sono sconosciute a Nina e Joëlle e viceversa, pur se hanno vissuto (almeno il figlio), con Moritz fino all’ultimo dei suoi giorni, quando ha deciso di togliersi la vita. E come sempre avviene per lo scrittore tedesco, mai nulla viene lasciato al caso: non una descrizione, un giorno della storia, un evento, con la precisione che sempre lo contraddistingue e che lo tiene impegnato per parecchi mesi di ricerca, prima di procedere con la scrittura della storia. E, quindi, Israele, gli arabi, la Cisgiordania, Gaza, OLP, ebrei, l’intifada (che in arabo significa “scrollarsi di dosso”), Rabin, Arafat e il Premio Nobel per la Pace, tutto è sapientemente dosato intorno alla storia di Maurice o Moritz ed è alimentato dai soggiorni in quei luoghi, con la gente del posto, il racconto di pagine di vita vera. Alla fine Daniel Speck ci consegna un uomo che, pur se ci ha lasciati perplessi più volte, forse un po’ strambo per quel suo nascondersi e non certo solo per il lavoro al Mossad, fondamentalmente è buono e generoso e ha fatto ciò che ha potuto per le persone che ha amato, anche se... mai per “il sangue del suo sangue”.