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Il danzatore dell’acqua

Il danzatore dell’acqua

Cade una fredda e costante pioggia autunnale. Hiram, tutto bagnato, guida il nuovo calesse Millennium. Dietro, Maynard dice spacconate alla meretrice che ha pagato per la notte. Non ha voluto fermarsi in albergo, la vuole portare a casa sua, alla piantagione di Lockless. Nel pomeriggio ha vinto alle corse dei cavalli e per questo ha sperato di aver guadagnato la stima della buona società della Virginia, detta Qualità. Non è così, lui rimane sempre Maynard lo zotico, l’idiota, sempre snobbato. Hiram sprona i cavalli, quella voce lo innervosisce, anche se è quella del suo fratellastro. Sua madre è stata venduta quando la terra della Virginia era ancora rossa e le piantagioni floride. Lui era piccolo, al padrone non serviva più per divertirsi e poi una mamma con un figlio non è produttiva. Di lei ha pochi ricordi, anche se ha una memoria portentosa. Sa però che era la migliore ballerina di juba, glielo racconta la sua gente: zia Emma, Zio John, Honas. Passano per strade secondarie, Maynard non vuole farsi vedere con quella ragazza. Arrivano al ponte di pietra sul fiume Goose, quel ponte sul quale passano gli schiavi per essere venduti, forse anche sua madre è passata di lì. Corre il calesse per attraversare, ad un tratto le pietre spariscono da sotto le ruote e precipitano tutti nel fiume. È in quell’attimo che Hiram la vede, una luce azzurra, dentro c’è sua madre che balla, facendo tintinnare la sua collana di conchiglie. Inghiottito dall’acqua lotta e sente, ha diciannove anni e non è pronto a morire. Qualcosa di inspiegabile accade, un misterioso potere scorre in lui, è la Conduzione. I fratelli Walker si salvano: Maynard attonito e stordito, Hiram con un dono potente che cambierà la sua vita...

Alla prima prova come narratore Ta-Nehisi Coates non smentisce il suo talento. Solitamente definito come “afropessimista” in questo romanzo pone l’accento sul potere positivo della storia, che porta alla salvezza. La dura realtà degli schiavi della Virginia è accompagnata dal soprannaturale e dall’animismo, antico retaggio della cultura africana soppressa e calpestata dai bianchi. Impeccabile è la traduzione di Norman Gobetti e piena di significati è la copertina, illustrata da Elisa Talentino. Nell’immagine ritroviamo due elementi cardine del libro: un giovane afroamericano e l’acqua. È la Virginia di fine Ottocento che fa da sfondo alla storia, una terra non più fertile, depauperata da intensive coltivazioni di tabacco dalle famiglie bianche schiaviste. La malinconia per la fine di un’epoca e la decadenza economica le fa spostare verso Ovest e per chi resta l’unica merce preziosa che rimane sono gli schiavi. Al fianco di Hiram nel romanzo ci sono personaggi storicamente esistiti come i fratelli White e personaggi di fantasia molto ben caratterizzati. Tra le figure femminili spicca Corinne Quinn, ricca possidente, non sposata, che è decisa a correre rischi. Infatti, pur non potendo manifestare apertamente le sue idee antischiaviste, ha reso la sua piantagione un modello di comunità tra pari, una base della Ferrovia Sotterranea. Seppur con molte differenze, il richiamo al Premio Pulitzer Colson Whitehead e al suo La ferrovia sotterranea viene naturale. La Conduzione è l’aspetto fantasioso del romanzo, la capacità di trasportare le persone con la forza della mente e dei ricordi. Prima di poterla utilizzare al meglio, Hiram deve accettare tutti i suoi dolori e il senso di abbandono. Deve ricordare, perché la memoria è la via, è il ponte fra la schiavitù e la libertà. È una metafora, questa, del lavoro silenzioso di tanti uomini e donne, che mettendosi in gioco, a proprio rischio e pericolo, portano in salvo gli schiavi verso il Nord, verso una nuova vita da persone libere. “Bisogna tenere presente ciò che ero: non un essere umano, ma una proprietà, e una proprietà molto preziosa, dal momento che comprendevo il funzionamento sia della casa sia dei campi, e sapevo leggere e scrivere, e intrattenere gli ospiti con i miei trucchi mnemonici”. Una proprietà, non un essere umano, concetto che ritroviamo anche in The Help di Kathrin Stockett. Le domestiche afroamericane passano in eredità e siamo negli anni ‘60 a Jackson, Mississippi. Una persona considerata una proprietà: nello sfruttamento del lavoro o nella coercizione dei sentimenti, è, oggi, cronaca quotidiana. Il danzatore dell’acqua è un ottimo modo per conoscere il pensiero di Ta-Nehisi Coates e questo romanzo può aprire le porte ai suoi saggi più impegnati. È considerato uno degli intellettuali americani più importanti, perché ha saputo raccontare con chiarezza la complessa discussione su razza e razzismo. La sua attività politica è portata avanti, da giornalista, con orgoglio e passione, come ha fatto suo padre William Paul Coates. “Ta-Nehisi” è un nome antico con cui gli egiziani chiamavano la Nubia, la terra dell’oro, la terra di Dio. Una regione che si associa all’orgoglio di appartenere alla comunità nera.